“Nuovi stadi come teatri”. Già, ma con quali tempi e quali regole?

Piermaurizio Di Rienzo è giornalista professionista e coordinatore dei contenuti di SpazioMilan.it dal 2012. Dopo quasi dieci anni di redazioni (Il Giornale, Leggo, Libero, Radio Lombardia e Sole24Ore), dal 2011 si occupa di comunicazione di manifestazioni fieristiche. Conduce il varietà sportivo “Falla Girare” su Radio Reporter.

P. Di Rienzo - Caporedattore SpazioMilan.it
P. Di Rienzo – Contributor SpazioMilan.it

“Andare allo stadio sarà come andare a teatro”. La frase pronunciata due giorni dal vicepremier Angelino Alfano, in un incontro presso la Lega Serie A, è una di quelle che riecheggia da tanti anni. Sempre accompagnata da elogi e parole di ammirazione nei confronti di Inghilterra e Germania, dove gli impianti sportivi sono un luogo di svago prima ancora che catini pensati per ospitare partite di calcio. Non c’è nulla di più auspicabile nel mondo del pallone italiano che non ospita una competizione internazionale dal Mondiale delle “Notti Magiche” del 1990. Quello dei grandi stadi costruiti o ristrutturati senza una gran logica (si veda l’ex Delle Alpi di Torino o il San Nicola di Bari).

E’ eufemistico rilanciare ancora una volta la questione dei nuovi impianti quando per tutta la scorsa legislatura il progetto di legge che avrebbe dovuto favorire nuove iniziative sul modello Juventus è stato affossato sotto i colpi del centrodestra come del centrosinistra. Alfano ha annunciato un nuovo testo che apra ai capitali privati, tagli la burocrazia e favorisca la nascita di attività commerciali nei progetti di ammodernamento degli impianti esistenti o in quelli di costruzione dei nuovi. Nella speranza che stavolta la politica non aspetti altri cinque anni dall’annuncio ai fatti, c’è da dire che l’ambizioso Milan di Barbara Berlusconi guarderà con particolare interesse a questa rivoluzione. Non è un mistero, infatti, che Lady B. coltivi il sogno di definire una nuova gestione di San Siro, integrandolo con l’area dell’ippodromo e facendone una delle zone a misura di famiglia, per chi vuole assistere a grandi eventi sportivi così come vuol cercare svago tra negozi, ristoranti e spazi ricreativi. La stessa Barbara Berlusconi aveva sollecitato la politica a muoversi in questa direzione, lanciando appelli bipartisan affinchè la vecchia legge sugli stadi non venisse accantonata.

Ora si riparte, ma c’è un nuovo nodo da sciogliere. Come potrà lo stadio diventare un teatro per le famiglie se ogni settimana la tifoseria ne mette a rischio l’apertura totale? In questo senso gli episodi dei cori anti-Napoli da parte degli ultras del Milan ha aperto la strada ad una ridda di polemiche. L’eventuale e prossima apertura del dibattito sui nuovi stadi potrà essere l’occasione per rimettere mano a tutto il sistema. Seriamente. Una volta per tutti. Con regole uguali per tutti.

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