Christian Pradelli è giornalista professionista e direttore di SpazioMilan.it dalla sua fondazione, l’8 marzo 2011. Editorialista per IlSussidiario.net, collabora con La Gazzetta dello Sport, Il Giornale e Leggo. Conduce il varietà sportivo “Falla Girare” su Radio Reporter ed è opinionista per Milan Channel. È la voce ufficiale del Milan per TopCalcio24, canale del gruppo Mediapason.
Sarebbe più facile addormentarsi, fare un sonno lungo e profondo per poi svegliarsi e rendersi conto che tutto questo in realtà non sta succedendo. La pochezza in campo, le diatribe fuori, l’incertezza imperante: situazioni non “da Milan”, perifrasi che tanto odio, ma che ha accompagnato questo club, questa città, negli ultimi 30 anni di intensa storia rossonera. Che sia il capolinea, quello vero, del Diavolo che fu? Come commentare altrimenti un weekend paradossale, partito con le migliori intenzioni e che, alla fine, sarà ricordato a lungo come uno dei peggiori dal 1986 ad oggi? È stata la due giorni delle prime volte: per la prima volta, Massimiliano Allegri ha ammesso che sta vivendo il peggior momento da quando è sulla panchina del Milan; per la prima volta Barbara Berlusconi ha delegittimato con una certa spocchia Adriano Galliani. Salvo ritrattare, ormai fuori tempo massimo.
Per la prima volta, insomma, il tifoso rossonero si è sentito totalmente spiazzato, perso, senza alcun punto fermo. Perché, anche nei momenti più difficili degli ultimi 27 anni, c’è sempre stata la certezza di avere le spalle coperte, di essere tutelati da Silvio Berlusconi prima e da Adriano Galliani poi. Non è un caso che il Milan sia tutt’ora la società a livello europeo con la più longeva struttura aziendale: delizia destinata a diventare croce, come è vero che tutte le cose terrestri sono destinate ad avere un epilogo. Il problema, semmai, è che le alternative, pardon, la naturale successione alla coppia Berlusconi-Galliani appare tutt’altro che rasserenante: difficile immaginare a breve la dottoressa Barbara, pur rampante e vogliosa di imparare, ereditare la mole di contatti, rapporti personali, ereditare in una parola quel know-how accumulato in oltre 35 anni d’esperienza dal padre e dall’ad in cravatta gialla, peraltro in anni d’oro (’80 e ’90) difficilmente replicabili.
Eppure sembra questa la strada nuova: che si parli di fine stagione o di quella dopo ancora, le leggi della natura impongono, ahi noi, un naturale passaggio di consegne. Il “peggio”, dunque, deve ancora venire. Perché il Milan si risveglierà sicuramente a luglio con un nuovo tecnico, ma la partita più importante si giocherà a livello societario nei nuovissimi corridoi di “Casa Milan” in zona Portello: bisognerà capire se i Berlusconi resteranno al comando anche con la nuova generazione (che non è per nulla scontato), quindi occorrerà scoprire come Lady B., erede designata, deciderà di impostare la “nuova filosofia”. C’è la suggestione Paolo Maldini, che scalda i tifosi ma che è tutto da registrare a livello di esperienza dirigenziale, ma bisogna anche sottolineare i contatti con Andriy Shevchenko, che non a caso ha passato mercoledì e giovedì scorsi tra San Siro e Milanello.
E il presente? Difficile, difficilissimo da registrare. Anche perché, finché non risolveremo l’ormai conclamata doppia anima societaria, rischiamo di rimanere avvinghiati ad un limbo deleterio e terrificante.
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