“Il calcio è sempre stato ed è tuttora la mia vita, il mio lavoro. È un’attività fatta di tante storie vissute con e attraverso numerosi compagni di viaggio. Un percorso di studio, di ricerca e di esperienze sul campo”. Con queste parole semplici, ma piene d’effetto, Carlo Ancelotti ha presentato il 6 novembre l’uscita del suo nuovo libro “Il mio albero di Natale” tramite il suo sito internet. Pensare che non solo questo libro, ma anche il precedente “Preferisco la coppa” sarebbe potuti non venire mai alla luce, ma nemmeno Ancelotti allenatore del Milan e il 4-3-2-1 che divenne il modulo di gioco preferito dai rossoneri. Dopo aver riportato la Reggiana in serie A, infatti, Carletto aveva confessato ai suoi collaboratori che lo stress di allenare era troppo, avrebbe resistito al massimo altri 3 anni, forse fino al 2000 per fare cifra tonda. La storia, per la fortuna dei tifosi milanisti e della squadra, non andò così.
Ancelotti arrivò a Milano dopo la parentesi Juventina con a disposizione tra i giocatori più forti del momento. Difficile che a qualche allenatore infatti ricapiti di poter scegliere chi mettere in campo tra Pirlo, Rui Costa, Kakà, Ambrosini, Gattuso, Seedorf, Shevchenko e Inzaghi. Forse era successo solo a Capello. Con giocatori di questa qualità a disposizione è chiaro che tutti si aspettassero grandi cose, ma soprattutto un gioco che facesse divertire e sognare la conquista del tetto d’Europa. Perché ammettiamolo, il campionato è bello, ma la Champions è un’altra cosa. “A Milano hanno una filosofia molto particolare, che ama il calcio spettacolare – ha confessato Ancelotti a Marca –, Berlusconi chiedeva che la squadra giocasse bene e così è nata l’idea dell’albero di Natale per far giocare tutti i giocatori di qualità. Serviva il sacrificio di tutti per adeguarsi alla filosofia del club. Non si può giocare un calcio di qualità senza giocatori di qualità”. Viene da chiedersi tuttavia se l’idea di schierare questo modulo nacque per sfruttare tutte le potenzialità della squadra o su suggerimento presidenziale. Carletto chiarisce subito questo dubbio “Nessun presidente mi ha mai detto ‘metti questo giocatore’. Berlusconi mi faceva un sacco di domande, ho discusso anche con lui. ‘La squadra ha bisogno di giocare con tre attaccanti’, mi diceva. Ho risposto che erano Inzaghi, Kakà e Shevchenho, ma lui mi ha detto Kakà non era un attaccante… Ogni presidente ha le sue idee, questo è sicuro, ma alla fine decido io”.
È stato quindi proprio Ancelotti l’allenatore che ha regalato il natale al Milan, insieme ad uno scudetto, due champions e Pirlo come regista basso. Oltre alla simpatia e all’immancabile sopracciglio alzato. E leggendo i segreti dietro il 4-3-2-1 attraverso le 10 partite che hanno segnato il cammino di Ancelotti in panchina si ritroverà tutto questo, insieme alla grande passione per il calcio che “Il Carletto” ha sempre avuto e sempre trasmesso.