Piermaurizio Di Rienzo è giornalista professionista e coordinatore dei contenuti di SpazioMilan.it dal 2012. Dopo quasi dieci anni di redazioni (Il Giornale, Leggo, Libero, Radio Lombardia e Sole24Ore), dal 2011 si occupa di comunicazione di manifestazioni fieristiche. Conduce il varietà sportivo “Falla Girare” su Radio Reporter.
L’avevo già detto: c’è qualcuno che si dev’essere convinto che mettere il silenziatore alle tifoserie sia il metodo più efficace per combattere non solo il razzismo, ma anche gli scherni e i più classici sfottò da stadio. Di più. C’è qualcuno che si è messo in testa di portare negli stadi solo Piccoli Lord, sull’onda (lunghissima, tra l’altro) dell’ineffabile e richiamato “modello inglese” (quello nato sulle ceneri di cadaveri contati sugli spalti di mezza Europa). E forse c’è sempre quel qualcuno che vorrà vietare la visione di film tipo “L’allenatore nel pallone” o il più recente “Tifosi” perchè sarebbero da considerare diseducativi. Comunque la si possa pensare, al di là della propria fede calcistica, aleggiano forti perplessità di fronte a questo metodo “formativo” che una domenica chiude una curva e un’altra decreta la chiusura dell’intero stadio.
Se il calcio ha preso la “Tosel-leide” troviamo subito la medicina per curarlo prima che il raffreddore si trasformi in morbo. Ora, infatti, il rischio è che questo pugno di ferro alimenti un altro tipo di pugno, quello dei tifosi più imprevedibili e, per questo motivo, più pericolosi. Non stupiamoci (ma ci stupiremo) se fuori da uno stadio chiuso, che sia San Siro o l’ultimo campo della Lega Pro, troveremo gruppi organizzati che proveranno a forzare gli ingressi (come suggerito pure da qualche politico) e obbligare carabineri e poliziotti agli straordinari.
Qual è il nuovo corso della Federcalcio che per decenni (si, decenni) è rimasta immobile nei confronti degli ululati verso i giocatori di colore? Vi prego: spiegate e provate a convincere tutti che colpirne cento per educarne cinque può funzionare. Perchè di questo stiamo parlando. Se è vero che a Torino domenica sera dal Settore Ospiti dello Juventus Stadium si sono levati cori e insulti contro il mondo bianconero (tanto per stare larghi, perchè ancora non sono chiare le parole incriminate), di certo è che non è stata opera di tutto il tifo organizzato del Milan. Gli imbecilli, che hanno popolato anche la Curva Sud bianconera, si annidano ovunque (sottolineo ovunque). Ma punire il più banale degli sfottò con la chiusura di uno stadio significa togliere anche il piacere del calcio alle famiglie, agli anziani, ai bambini o, più semplicemente, alla maggior parte degli appassionati di questo sport.
Non lamentiamoci (ma ci lamenteremo a suon di classifiche e cifre) se la gente preferirà starsene a casa. Perchè non sarà più una scelta, ma un obbligo in nome dell’educazione. La Tosel-leide non è il Metodo Montessori. Non durerà a lungo nel Paese dove “fatta la legge, trovato l’inganno”. Anche se di questi tempi, si fatica a trovare salvacondotti, è auspicabile uno scatto d’orgoglio e un’assunzione di responsabilità senza ipocrisie, moralismi e doppiopesismi. Ecco, queste sì che sono malattie senza antidoto nel cosiddetto BelPaese.