Lino Dimitri è giornalista pubblicista dal 2012. Redattore di SpazioMilan.it dal settembre 2011: è sua la firma nell’editoriale del sabato. Lavora nella redazione di LecceNews24.it occupandosi di cronaca, politica, eventi e sport. In passato ha collaborato con Bordocampo.net e Sportmain.it.
Ormai è una consuetudine che caratterizza le annate del Milan e che, spesso e volentieri, è stato il vero motivo di alcuni titoli scappati di mano anche se alla portata. Trovare il Diavolo nella parte destra della classifica in avvio di stagione non fa più notizia, anzi ormai è storia consolidata di questi ultimi anni con Massimiliano Allegri alla guida. Si pensava che quest’anno la musica potesse cambiare, considerato che i rossoneri hanno svolto la preparazione estiva finalizzata ad essere subito in palla, in vista del preliminare di Champions League: niente di più sbagliato. Come se non bastasse, questa volta, gli obiettivi stagionali minimi sembrano già una chimera.
Non pare essere un problema di condizione fisica e i recuperi allo scadere delle partite, più volte conseguiti, lo stanno a dimostrare, quanto piuttosto di approccio mentale. La squadra entra in campo senza la dovuta cattiveria agonistica, priva di idee, spesso esasperando il possesso palla con una fitta rete di passaggi, che hanno lo scopo di mascherare (neanche tanto velatamente) la mancanza di un vero e proprio gioco. Se la grinta che viene regolarmente mostrata negli ultimi minuti, per ribaltare risultati negativi, venisse adottata durante tutti i 90 minuti, in questo momento staremmo a parlare di un’altra situazione e posizione in classifica.
Invece siamo qui a raccontare di un Milan povero di uomini e di risultati. Si passi l’attenuante della sfortuna, che ha messo ai box i vari Kakà, El Shaarawy, De Sciglio, Pazzini, resta il fatto che gli errori di un mercato inadeguato stanno inevitabilmente portando alla luce la mediocrità della rosa a disposizione. In difesa e a centrocampo non ci sono i ricambi necessari e all’altezza delle rivali: scorrendo i nomi dei giocatori che siedono in panchina spesso viene spontaneo chiedersi se si stia giocando una partita del Campionato di Serie A o piuttosto di una categoria inferiore.
C’è una condivisione di colpe per questa situazione di emergenza. Ci sono certamente quelle dell’allenatore, che spesso e volentieri perde la bussola nelle situazioni di maggiore difficoltà, ma anche della dirigenza per aver concentrato tutte le risorse finanziarie nell’unico reparto già competitivo, l’attacco. Non stupiamoci più di tanto allora se la classifica, già alla settima giornata, piange miseria e se alcune squadre (come la Roma e l’Inter) che a giugno sembravano essere molto più indietro di noi, ora ci guardano dall’alto al basso e probabilmente lo faranno fino alla fine della stagione.