“Ricordo tutto come fosse ieri: era la primavera del 1995, facevo l’assistente di Arrigo Sacchi in Nazionale: avevo la testa piena di calcio, studiavo lo score dei giocatori, guardavo partite su partite e partecipavo con entusiasmo alle riunioni convocate dal mio allora superiore. Non avevo ancora, però, pensato a cosa fare da grande. Fu proprio in quel periodo che ricevetti una telefonata a sorpresa, iniziata così: “Buongiorno, sono Massimo Moratti, potremmo fare due chiacchiere? Alla fine non se ne fece nulla perché io, milanista dentro, glissai, ma chissà cosa sarebbe successo se al posto di Ottavio Bianchi, quell’anno, sulla panchina nerazzurra mi fossi seduto io”. Dichiarazioni davvero a sorpresa, quelle rilasciate oggi da Carletto Ancelotti alle pagine della Gazzetta dello Sport. Parole, tra l’altro, rese ancora più significative dal fatto che sono state pronunciate in una giornata molto particolare per il popolo nerazzurro, scandita dalla cessione della società al magnate indonesiano Thohir.
Anni belli, quelli delle stracittadine con la squadra del presidente Moratti. Anni che Ancelotti ricorda così: “Massimo è stato un presidente con la P maiuscola: è stato un avversario, certo, ma anche un uomo leale e corretto, che ha dato tanto al calcio. E’ stato prima di tutto un tifoso, come del resto suo padre Angelo: mai fuori dalla righe, ha sempre ricordato che il calcio, prima di tutto, è un gioco. Mai una polemica contro di me, mai una punzecchiatura. Ricordo i derby a San Siro, contro di lui, come degli esempi di sportività. Se il clima è sempre stato molto cordiale bisogna ringraziare sia le due società che i due presidenti”.
This post was last modified on 20 Settembre 2013 - 18:18