Deve crescere Emanuelson, ma il terzino sinistro è indubbiamente il suo ruolo: un paio di tackle ben assestati fanno pensare al meglio, poi si ricorda di esser stato una simil mezz’ala negli ultimi due anni e ogni buon proposito decade. Diverso il discorso per Muntari, che mezz’ala per Allegri lo è sempre stato, ma che ha un’autonomia mentale di non più di un tempo. Peccato, perché al massimo della lucidità il posto accanto a De Jong e Montolivo sarebbe sicuramente suo. Fasi lunari per i centrali, con Zapata leggermente meglio di Mexes, mentre dicevamo di Boateng e della sua prova: pur anarchico e apparentemente avulso da ogni logica tattica, dai suoi piedi passano più palloni del solito. E ne vengono persi meno del solito. Insomma, per fortuna non è stato il solito Prince, che aveva scaldato l’atmosfera del playoff pubblicando su Twitter un autoscatto in ascensore, con le labbra arricciate a mo’ di bacio. Brividi.
Confortante, dulcis in fondo, la nascente alchimia Balotelli-El Shaarawy, alla prima europea con la maglia rossonera. Finalmente nessuno è stato messo in ombra, si dirà. In realtà, se possibile, la gara di Eindhoven ha mostrato una volta in più perché Mario sarà sempre il leader e Stephan il primo dei gregari: il primo è artista, croce nel carattere ma delizia con i piedi; il secondo è un buon esecutore, vede la porta ma resta una proporzione imbarazzante tra i gol e le occasioni che non sfrutta. A favore di queste ultime, naturalmente. Avremmo parlato volentieri anche dei subentrati, ma Massimiliano Allegri ha optato per sostituzioni tarde, che non hanno contribuito granché. La prima prova ufficiale del Max IV è essenzialmente superata, ma resta un campanellino fastidioso, a tratti frustrante: se la grande rivoluzione dell’estate scorsa è stata un toccasana economico e anagrafico, la mancanza di carisma (ben diverso dall’esperienza) è sotto gli occhi di tutti. Ne passerà, prima di tornare il Milan.
(Christian Pradelli per IlSussidiario.net)
This post was last modified on 23 Agosto 2013 - 00:58