“Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia”: così cantava De Gregori nel 1980, quando Nino, quel bambino di 12 anni con un pallone stretto fra le braccia contro il petto, ero pronto al suo provino. Era figlio di una leva calcistica, quella del ’68, che apparentemente può sembrare lontanissima dalla nostra: altra epoca, altro calcio, altro tutto. Eppure i nostri due nuovi ragazzotti che ieri si sono presentati a Milanello sono un po’ come Nino: coraggio da vendere, altruismo da plasmare e fantasia da farci godere. Perchè tutti gli assi sono ancora nelle loro gambe. Anzi, nella loro testa. Perchè a 18 anni la linea tra “giovane promessa” e “grande incompiuto” è sottilissima. E per attraversarla basta un pallone giocato male.
Ci vorrà fortuna, coraggio, tempo e pazienza. Esattamente in quest’ordine. Ma ne varrà la pena. Perchè le potenzialità di Bryan e Andrea sono sotto gli occhi di tutti: grandi colpi, numeri da capogiro, forse già troppi estimatori. Ed è proprio quando incominci a calpestare l’erba di San Siro con regolarità, quando vedi per tre settimane consecutive il tuo nome nella lista dei convocati per le gare di Campionato che puoi, forse anche giustamente, montarti un po’ la testa. Gasarti di quella spocchia che solo un neanche ventenne può (e forse deve) avere, perchè per sfondare nel calcio moderno serve anche questo.
Sarà una stagione lunghissima, fra 11 mesi saremo qua a scrivere del loro bilancio alla prima stagione fra i grandi. Il primo passo oramai è stato fatto, non si può più tornare indietro. Cristante medita già un assist alla Montolivo, Petagna si immagina l’esultanza come Balotelli: perchè sognarli con un ruolo da protagonisti l’anno prossima non è utopia. E se lo è, almeno per adesso, lasciateci sognare. De Gregori gradirebbe.
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