Al primo giorno di raduno, al suo secondo anno in rossonero, M’Baye Niang ha promesso dedizione al lavoro ma soprattutto manifestato la voglia di cominciare a segnare sul serio. L’attaccante francese non deve imparare un “nuovo mestiere”, deve semplicemente crederci di più. L’anno prossimo sarà importante sfruttare le occasioni e guadagnarsi maggiore stima e fiducia, soprattutto serviranno anche le sue reti. Inseguite, non raggiunte, spesso per un niente, quasi un’ossessione nella passata stagione, pronte, adesso, a diventare un marchio di fabbrica, un gesto semplice e naturale. Ci vorrà calma, lo ha detto lui stesso, e le potenzialità ci sono.
Il 2 a 0 (3 a 0 il finale) messo a segno il 13 dicembre 2012 contro la Reggina in TIM CUP a San Siro rappresenta l’unica luce realizzativa per Niang, troppo poco pur per un ragazzo di appena 18 anni che ha bisogno di tempo e spazio per crescere e migliorare. Così è stato e così sarà, perché per il Milan è un investimento deciso, non esiste nessun prestito né scambio all’orizzonte. Solo i rossoneri, anche se ci sarà da lottare duramente per un posto: Balotelli è al sicuro, El Shaarawy quasi, poi c’è Pazzini e uno tra Robinho e Ljajic (salvo possibili sorprese di mercato) con cui Niang dovrà sudare per vincere il “duello” personale. Se Allegri partirà, su suggerimento di Berlusconi, con il 4-3-1-2 lo spazio per una punta esterna come l’ex Caen si riduce, senza però cancellarsi: anzi, studiare un ruolo più vicino e centrale rispetto alla porta potrebbe essere l’ideale per diventare più freddo, preciso e sicuro nelle aree avversarie.
La pazienza del Milan per formare un attaccante di livello e spessore, per non correre il rischio di parlare di rimpianto o scommessa persa. Al momento Niang non è assolutamente di troppo, ma c’è bisogno di comportamenti, mosse e soprattutto piedi giusti per diventare grande.