Dal calcio alle corse in macchina. E’ la parabola di Luther Blissett, l’ex giocatore inglese del Milan, di origini giamaicane, che ha fondato una sua scuderia per correre la 24 ore di Le Mans. L’obiettivo è di portare il “team48 racing” nella più prestigiosa competizione per auto, con un’Alfa 156 che Blissett ha costruito da solo. “Contatterò l’Alfa Romeo, spero che contribuisca a realizzare il mio sogno” ha detto l’ex rossonero.
L’auspicio di chi si ricorda questo ex ragazzotto, classe 1958, è che possa avere più fortuna dei tempi al Milan. Arrivò in rossonero per due miliardi e mezzo di lire nel 1983 dopo sette anni nel Watford di Elton John. L’ex presidente Giussy Farina lo soprannominò Lutero e lui si presentò alla tifoseria promettendo di superare la quota dei 18 gol segnati durante la stagione precedente da Michel Platini nella Juventus.
In realtà, le cose andarono molto diversamente. In Italia Blissett non riesce a esprimersi ai livelli mostrati in First Division e con la maglia rossonera colleziona solo 5 reti in 30 presenze. Le prestazioni deludenti inducono Farina a scrivere una lettera con questo testo: “Mio caro Lutero, quando ti vedo sbagliare a due metri dalla rete mi sembra di sognare”. Alla fine di quell’annata il Milan centra il sesto posto in classifica dietro all’Inter e al Torino, fuori dalla zona UEFA. Nella stagione successiva “Lutero” torna al Watford per poi appendere le scarpette al chiodo nel 1993.
Oggi lo stesso Blissett ricorda quegli anni: “Nelle amichevoli estive ero partito bene, segnai 9 gol. Le cose si sono complicate quando abbiamo incominciato a giocare in campionato. All’improvviso non ho più riconosciuto la squadra, il Milan se ne stava sempre in difesa e a me la palla non arrivava mai. Nel Watford tutti giocavano per l’attaccante, nel Milan no. A Milano sarei dovuto arrivare due anni dopo: Berlusconi capovolse quella mentalità difensivista. Il gioco di Sacchi sarebbe stato l’ideale per me”. E su Farina: “Era grande e grosso, molto silenzioso, non ho avuto particolari conversazioni con lui”. Mentre le cose andavano meglio con Ilario Castagner: “Mi piaceva, ma i vecchi del gruppo, Spinosi e Damiani, erano più forti di lui. Damiani parlava sempre e il manager non riusciva a farlo stare zitto”.
Oggi l’ambizione è far diventare il suo “team48 racing, il primo team automobilistico a riflettere realmente le diversità della cultura britannica”.