Questo il comunicato stampa ufficiale della società: “Nella serata di ieri 23 luglio 2013 si è verificato l’ennesimo episodio di volgare intolleranza razzista: questa volta la vittima è stato Kevin Constant, che ha reagito abbandonando il campo di gioco. Non era, questa, decisione che gli competeva e, pur potendosene comprendere le ragioni, così come l’ira che ha fatto sia pur civilmente trascendere Constant, l’AC Milan ha il dovere di ricordare che tutti gli interventi contro le manifestazioni che offendono l’umana dignità, quali sono tutte le discriminazioni razziali, spettano soltanto al responsabile dell’ordine pubblico e al direttore di gara”. Una posizione abbastanza chiara, dunque, quella della società di via Turati, che fa capire come ogni presa di posizione di questo tipo da parte dei giocatori, per quanto comprensibile, non verrebbe tollerata. A seguito di questo chiarimento, l’AC Milan conferma la propria netta posizione contro l’inciviltà di alcune frange di tifosi.
“La difesa degli strumenti legali e delle istituzioni, dovuta da ogni membro di una comunità per la stessa sopravvivenza d’un sistema civile, non può tuttavia far perdere di vista l’ignobile sfondo su cui con inquietante frequenza accade ormai di doversi confrontare: il razzismo non ha alibi, né se esso corrisponde ad un pensiero disgustoso che divida gli uomini per il colore della pelle o la nazionalità, né se le sue manifestazioni – i suoni, le parole, i gesti – siano il frutto d’uno squallido spirito emulativo, figlio di menti miserabili, persino incapaci di formarsi opinioni, per quanto orribili esse siano. Costoro, i membri dell’una e dell’altra categoria, non meritano tolleranza: da oggi non l’abbiano più. In nessuna sede: si tratta non tanto di difendere un calciatore o uno sport, ma il mondo civile, cui essi non sono mai appartenuti”. Insomma, una condanna chiara e inequivocabile, ancora una volta, da parte della società rossonera contro questo disgustoso fenomeno che va diffondendosi sempre più, ma anche una sorta di avvertimento ai propri calciatori: per quanto possano far male certi insulti, non si possono prendere decisioni affrettate, ma bisogna sempre consultare il direttore di gara, l’unico, insieme al responsabile dell’ordine pubblico, che può mettere fine al match.
A questo punto, una riflessione sorge spontanea: per quanto “giusto” dal punto di vista delle regole, che non fosse corretto soffermarsi unicamente sul bieco fenomeno del razzismo dentro gli stadi, sulle scelte da intraprendere per fermarne la diffusione ed estirparlo alla radice? Constant, subissato di insulti per il solo colore della pelle e la propria origine geografica, non ha retto alla rabbia e non può farse di certo una colpa. Insomma, il vero problema è il razzismo o l’abbandono del terreno di gioco? E se anche quest’ultimo rappresentasse un comportamento “giuridicamente” scorretto, non sarebbe stato più coerente mettere al corrente i giocatori già dopo il tristemente famoso episodio di Busto?
This post was last modified on 25 Luglio 2013 - 09:56