Nonostante la settimana appena conclusa sia stata incentrata sulle notizie inerenti una non impossibile cessione di El Shaarawy e la preparazione dei rossoneri in vista della Confederations Cup, è doveroso anteporre a ogni altro argomento l’addio di Massimo Ambrosini dopo 17 gloriose stagioni con gli stessi colori cuciti sul petto. Al dolore per un addio scontato, ma pur sempre di un calciatore che ha amato come pochi il rossonero, si è aggiunta purtroppo l’amarezza per come la società di via Turati ha gestito questo divorzio. Esattamente come avvenuto per Paolo Maldini quattro anni fa, ancora una volta il club ha “perso la faccia” nel confronto con uno storico capitano che lascia. Un addio freddo, superficiale, annunciato su una nave lontano dall’Italia, come se a lasciare fosse stato un semplice prestito di metà stagione e non un uomo che di questa società ha contribuito a scrivere la storia, e non una storia qualsiasi, ma piena di successi e trionfi, un uomo che ci ha sempre messo la faccia, il cuore e i polmoni, da vero capitano, anche quando la barca sembrava ormai affondata, come dopo l’addio di tutti gli altri senatori.
Se si può non discutere la scelta di fargli terminare la carriera altrove, il modo con cui tutto ciò è stato fatto è stato decisamente irrispettoso, così come ha lasciato esterrefatti la conferenza di Ambro, da solo, quasi stesse parlando ad amici qualsiasi dentro un garage di periferia. Una scelta che, tuttavia, non deve essere piaciuta a Silvio Berlusconi, tanto che, dopo aver sentito le parole del Capitano nella conferenza di addio, ha capito che doveva fare qualcosa. Così ha chiamato il giocatore e gli ha proposto di restare in rossonero ancora una stagione. Un’offerta che Ambrosini ha però rifiutato, conscio del fatto che alla base della separazione con la società c’è una scelta tecnica legata ad Allegri, per il quale il centrocampista non era e non sarebbe stata una pedina indispensabile, e quindi impossibilitata a trovare spazio. L’importante, comunque, è che il Capitano sia consapevole che ha una grande ricchezza da portarsi dentro: l’amore, l’affetto e la stima dei suoi tifosi! Grazie Capitano!
Adesso analizziamo quella che è stata, come detto, la settimana delle voci di mercato intorno a El Shaarawy. Con quel “nessuno è incedibile”, Galliani ha chiaramente aperto la porta a quanti avevano messo gli occhi sul giovanissimo talento italo-egiziano. Complice sicuramente l’astinenza di gol da quando al Milan è arrivato Balotelli, è probabile, ma è una nostra supposizione, che l’amministratore delegato rossonero non sia più convinto dell’incedibilità di un calciatore che, però, non bisogna mai dimenticarlo, rappresenta il simbolo di una linea intrapresa dalla società a partire dalla scorsa estate, ossia quella di costruire una squadra competitiva partendo dai giovani, senza spese folli. Per cui, cedere El Shaarawy, indipendentemente dal suo valore economico, sarebbe quasi come distruggere quell’idea di “linea verde”, come sconfessare un intero progetto, cosa che francamente riteniamo deleteria, anche per la fiducia con cui i tifosi hanno accolto quell’idea.
Se poi, come si è vociferato da più parti in questa settimana, possa esistere l’intenzione di cedere il Faraone per poter più facilmente arrivare a Carlitos Tevez, allora il tutto assume contorni paradossali. Nessuno discute la classe del talento argentino, ma si tratterebbe di cedere un ventenne di probabilissimo avvenire per prendere un quasi trentenne la cui condizione fisica e la tenuta atletica in un campionato “tosto” come il nostro è tutta da verificare. La speranza, pertanto, è quella che Tevez possa arrivare senza dover rinunciare al Faraone, pur consapevoli che il Manchester City è disposto, per El Shaarawy, a dare al Milan l’argentino più 25 milioni di euro. Un bel tesoretto che potrebbe essere reinvestito per rinforzare due ruoli che davvero hanno bisogno di forze fresche, ossia il centrocampo e il reparto centrale di difesa.
Però, un simile gruzzoletto potrebbe essere racimolato anche dalla possibile doppia cessione di Boateng e Robinho, che sembrano ormai ai margini del progetto. Soprattutto dalla rinuncia al brasiliano sembra dipendere per intero l’arrivo di Tevez. L’accordo per cederlo al Santos non è lontano, ballano ancora due milioni di differenza tra l’offerta brasiliana e la richiesta milanista di 9 milioni di euro. Insomma, se Robinho non parte non se ne fa nulla.
Il problema, tuttavia, riguarda, inoltre, la reale utilità di Tevez, considerando che i ruoli in cui il Milan ha davvero bisogno di “riparazioni” sono, come detto, centrocampo e reparto centrale di difesa. Eppure ancora nessun vero nome è stato fatto per quei ruoli. Mentre giovani talenti italiani si stanno per accasare altrove, al Milan si parla solo di attaccanti, di Tevez, di Diamanti, di Matri, quando tutti sanno che l’unico ruolo che può rimanere così com’è è proprio l’attacco. Speriamo se ne renda conto anche Galliani, perché non si potranno accettare anche quest’anno grossolani errori di strategia.