Undici mesi fa, in occasione del ritiro rossonero più ricco di incognite dell’era Berlusconi, Adriano Galliani aveva spiegato le ragioni di una inevitabile spending review, quelle del necessario ringiovanimento della rosa, così come quelle del battesimo di una nuova linea verde, che guardava ai giovani per risparmiare soldi e, contemporaneamente, costruire un progetto a lungo termine. L’amministratore delegato rossonero aveva chiesto fiducia alla tifoseria milanista e i fatti hanno dato ragione a lui così come a tutti i rossoneri che hanno creduto a quella prospettiva.
Oggi, paradossalmente, ci ritroviamo di fronte al rischio di vedere sacrificati due simboli di quella “linea young”: Stephan El Shaarawy e M’Baye Niang, da ieri finiti pure nel mirino del Monaco. Per non parlare delle voci su un prestito di Riccardo Saponara. E’ lecito chiedersi se e che cosa possa aver fatto cambiare strategia a questo Milan. Può essere stato il poco feeling del Faraone con la porta avversaria nella seconda parte della stagione? Oppure, nel caso di Niang, si sperava in un attaccante diciannovenne più prolifico già alla prima annata in Serie A? Eppure Carlos Tevez non è un affare di oggi. Inseguito e opzionato già nel gennaio 2012, abbandonato per non sacrificare Pato, da qualche settimana è tornato nei piani rossoneri. Già, ma in luogo di quale strategia?
Una spiegazione c’è. E sta probabilmente tutta nelle dichiarazioni seguite dopo la cena di Arcore che ha confermato Massimiliano Allegri alla guida del Milan. Silvio Berlusconi non ama stare a lungo fuori dai giochi, in Italia e in Europa. Due anni senza vincere cominciano ad essere troppi. Il periodo più lungo senza vittorie è stato vissuto tra lo scudetto 1999 e la Champions 2003 (con Coppa Italia annessa): dalle parti di Milanello quattro anni rappresentano un ciclo immensamente lungo per essere avaro di trofei. Il Cavaliere si è forse convinto che per centrare gli obiettivi che contano la programmazione deve necessariamente assottigliarsi dal lungo al medio-breve periodo. Da qui il discorso Tevez. Da qui il corteggiamento ad Alessandro Matri, comunque reduce da due scudetti consecutivi con la Juventus. Tutto buono. Basta, però, sacrificare gli elementi “giusti” (Boateng, Robinho e Pato) per mettere fieno in cascina e presentarsi sul mercato con la giusta disponibilità pecuniaria, magari inferiore rispetto ad una cessione “faraonica”. Ma tutto sarebbe più funzionale al proverbiale “progetto” e, soprattutto, sarebbe la migliore dimostrazione di una rinnovata e convinta “linea young”.