Si comincia dal ricordo meno piacevole degli ultimi anni, quel problema all’occhio che aveva scalfito un combattente come Ringhio: “È stato qualcosa di incredibile. I problemi, il cortisone tutti i giorni, mi hanno fatto venire ancora più voglia di fare parte di questo mondo, del mio mondo“. Mondo nel quale il mastino di Schiavonea ha portato tutta la sua spontaneità e il suo essere una persona invidiabile: “Faccio solo quel che mi sento, niente di particolare. Sono fiero delle mie origini e vado per la mia strada. E poi provo a dare il massimo per i bambini: nel mio paese natale, ho una scuola calcio con 150 giovani, ho costruito uno stadio e messo in piedi una fondazione che tira via bimbi dalla strada. Sono queste le cose importanti. Poi nella mia lunga carriera, qualche figura di m**** l’ho fatta, come l’aggressione a Joe Jordan e il coro poco piacevole contro Leonardo, durante la sua esperienza all’Inter. Sono stati due momenti bui dovuti alla scarsa lucidità, me ne pento ancora oggi“.
Ora, però, è tempo di catapultarsi nella (relativamente) nuova veste di allenatore. A chi si ispirerà l’ex numero otto rossonero?: “Ancelotti, Zaccheroni, Lippi, tanti hanno mostrato idee interessanti di calcio. Per quanto riguarda il carattere, però, quello è mio. Non è qualcosa che puoi copiare da qualcuno: o ce l’hai o non ce l’hai. Importante, comunque, è essere coerenti: non puoi, per esempio, dire a tuo figlio di non fumare e poi farti trovare con la sigaretta in bocca. Quando si impostano delle regole non si può non rispettarle. Se questo accade, se qualcuno tenta di fare il furbo, finisce che gli equilibri si rompono“. Dovendone scegliere uno?: “Dico Ancelotti. Quando eravamo al Milan lui per noi era come un papà. Durante la settimana c’era chi aveva problemi con la moglie o chi faceva qualche stronzata in giro. Bene lui ci accoglieva nel suo ufficio, ci metteva una mano sulla spalla e ci diceva: <oggi metti a posto i tuoi problemi e non ti allenare>“.
Rino e il Milan, un amore intramontabile: “È stato un sogno, per me rossonero fin da bambino, durato tredici anni. In campo mi sentivo il capitano ma anche il capo ultras. Mi sentivo addosso la maglia. Ancora oggi quando vedo Milan Channel mi emoziono: siamo riusciti a fare tanto. Ed è anche per questo che ho il dente avvelenato con il Sion, che quando parlo dei biancorossi mi incazzo: lì avrei voluto lasciare qualcosa d’importante. Ma non è stato possibile. Solo chi ha vissuto quell’ambiente sa quel che ci hanno fatto passare“.
This post was last modified on 5 Giugno 2013 - 17:04