Spesso sentiamo dire che i calciatori si costruiscono con il tempo, che soltanto con l’esperienza possono acquisire un bagaglio tecnico e agonistico tale da essere indispensabili per una squadra. Mattia De Sciglio è l’eccezione che conferma la regola o, guardando il tutto da un’altra prospettiva, la prova più evidente di come il talento, la classe e l’eleganza possano emergere a qualsiasi età, anche quando il gioco si fa duro e la posta in palio è alta.
L’Italia contro il tutt’altro che irresistibile Messico si giocava tanto: era attesa al varco dai detrattori dopo i mezzi passi falsi da un punto di vista del gioco e dei risultati contro Repubblica Ceca e Haiti, doveva fugare almeno una parte dei dubbi che si trascina dietro da diversi mesi con una prestazione convincente almeno sotto il profilo dell’impegno e dell’agonismo. In una situazione del genere protagonisti come Pirlo, Montolivo o Balotelli, francamente, ce li aspettavamo un po’ tutti. Molto meno scontato, forse, che a trascinare gli azzurri fuori dal pantano, insieme a loro, ci fosse anche un ragazzo di 20 anni dai nervi d’acciaio e dal talento illuminante.
De Sciglio si è scelto un ruolo parecchio difficile, tra l’altro. Perché lì, su quella fascia, se non corri sei fregato in partenza. La corsa, però, è soltanto il primo scoglio: devi esser in grado, infatti, di abbinarci tanto senso tattico, pulizia nell’intervento e abilità nel cross. Non esiste, forse, un ruolo in cui fase difensiva e fase offensiva debbano amalgamarsi in modo così assoluto. Mattia, inutile dirlo, riesce a interpretare entrambe le fasi con una sicurezza quasi imbarazzante. Ieri sera contro il Messico ha saputo prendersi spazio in avanti quando si è reso conto della discutibile disposizione tattica della linea difensiva avversaria, ha dialogato in modo efficace con il volenteroso Giaccherini. Ha dato costantemente supporto ai palleggiatori del centrocampo nella costruzione della manovra, ma non ha nemmeno fatto mancare il suo contributo in fase difensiva, proprio nella serata delle stecche individuali dei suoi compagni di reparto.
Non c’è nessun dubbio: tra i quattro dietro il vero veterano sembrava Mattia. Con tutta la sua consapevolezza, con tutta la sua umiltà, con tutta la sua voglia di far bene, mai sopra le righe eppure mai banale.