Riceviamo e pubblichiamo un bellissimo pensiero dell’amico e collega Andrea Saronni di TgCom24, che ricorda il momento più alto ed emozionante della carriera di Stefano Borgonovo: Monaco di Baviera, 18 aprile 1990.
Se la memoria non inganna, era pure una sera di finta primavera, a Milano come a Monaco di Baviera. Pioveva e faceva freddo, 18 aprile un cavolo, e come se non bastasse uno che non casualmente si chiamava Strunz ci aveva portato a supplementari scomodi e infidi. Insomma, la mente del milanista medio, in quel contesto lì, non è che fosse ispirata alla positività a cui ci aveva abituato la Invencible Armada di Arrigo. Poi, dal wrestling a centrocampo, una delle poche palle sparate a casaccio in 25 anni dal Paolo Maldini: e dal nulla, ma ben oltre gli armadi doppia anta del Bayern, l’apparizione di Stefano Borgonovo.
Nell’inquadratura televisiva, null’altro che lui, un altro milanista distantissimo e Aumann, portiere a mezza via, sorpreso, lievemente incerto. Borgo non lasciò non solo a lui, ma a noi, il tempo minimo del cuore in gola, dell’inevitabile e urlato ordine di fare la cosa giusta (detta da noi, che non segnavamo manco a calcetto con gli amici). Come se fosse la roba più naturale del mondo, il Borgo in maglia numero 16 toccò di piatto dal basso verso l’alto e se guardate bene sul web c’è una foto stupenda, iconica scattata da dietro la porta: in primo piano c’è la palla ancora molto alta rispetto alla traversa; poi c’è Aumann voltato a bocca semiaperta; e sullo sfondo c’è un tipo in maglia bianca che è già in corsa verso qualche posto indefinito con un sorriso largo così.
Lo stesso sorriso che sfoggerá poco più di un mese dopo, a Vienna, quando per le foto di famiglia fatte sul campo, vicino al presidente e alla luccicante Coppa dei Campioni c’è lui, Borgo. Quando si scorrono questi album, e incocci nel volto di qualcuno che hai perso, in genere il sorriso lo perdi, o ti si trasforma in una sorta di smorfia amara. Ecco, Stefano, facciamo che quando capiterà con te, invece, sorrideremo ancora di più. È una promessa, bomber. E grazie ancora per avermi mandato alla mia prima finale di Champions, vissuta lì e vinta. Non si dimenticano, queste cose.