E vissero insieme felici e contenti. Ieri in tarda serata ad Arcore c’è stato l’happy ending nella telenovela Berlusconi-Galliani-Allegri. Resta il livornese, con buona pace di Seedorf e di chi sperava in un cambio nella guida tecnica. Resta per tanti motivi, ma anche con tante e più che mai forzate condizioni. Parla chiaro il comunicato stampa apparso su acmilan.com e firmato Silvio Berlusconi: “Si è parlato del tipo di gioco che il Milan dovrà praticare (…). Sono state anche tracciate le linee guida del prossimo mercato”.
Non sarà (e non lo è mai stato) un allenatore manager con il salvadanaio a disposizione per ogni suo vezzo. Serve un centrocampista? Si passa prima a chiedere al padrone. Quella punta non rientra nel progetto? La si inserisce se è quello che dai piani alti vogliono. Probabilmente, e soprattutto, si sarà parlato di costi. Il pareggio di bilancio rimane l’obiettivo primario, per questo non saranno ammesse spese folli. Parametri zero, giovani e acquisti un po’ più illustri, se e solo se, le cessioni saranno altrettanto (Boateng, Abate, Robinho). A centrocampo Poli, uomo che piace ad Allegri, visti età (23 anni) e costo (6 milioni di euro) potrebbe essere stato approvato. Per i più costosi Cerci e Astori servirà l’abile mano di Galliani, per poi passare nuovamente da Arcore.
Gioco, gioco, gioco. Gioca da Milan e come da dictat: padroni del campo, padroni del giuoco. Possesso palla e armonia. Il presidente oltre a vincere vuole divertiresti e far divertire gli spettatori. In questo senso risulta inammissibile quanto si è visto nell’ultima gara di campionato a Siena, recuperata (insieme alla Champions) per il “rotto della cuffia”. Di inammissibile poi c’è anche lo 0-4 preso a Barcellona dopo aver illuso a San Siro. Milan, squadra da sette Champions sul braccio, può perdere, ma con onore. Poi c’è El Shaarawy. Balotelli non lo deve oscurare, né tanto meno il nuovo protetto di Berlusconi deve finire in panchina in gare decisive, come invece è successo nella seconda parte di stagione.
Quindi fiducia sì, ma con dei “paletti” inamovibili in due aspetti considerati di vitale importanza. Allegri ha preso appunti, sapeva che cosa il Presidente avrebbe chiesto e già prima di mettere i piedi a Villa San Martino aveva scelto di restare. Almeno su quello, con po’ di fatica, ora sono tutti d’accordo.