Non si arrende Adriano Galliani: vuole provare a trattenere Allegri e probabilmente lo farà fino all’ultimo. Ad essere chiaramente contrario, ormai lo sappiamo tutti, è Silvio Berlusconi in persona. Una presa di posizione forte quella del Presidente, che dopo lettere e letterine, parole dette e ritratte, ha minato irrimediabilmente il rapporto col tecnico toscano. Ora mi chiedo, ma davvero se restasse, in un clima del genere, riuscirebbe a lavorare con la serenità necessaria per allenare la squadra più titolata al mondo? Arrivati a questo punto, nonostante questo vorrebbe dire sconfessare un progetto inziato insieme, lasciarsi sarebbe il minore dei mali.
A noi milanisti però piace complicarci la vita. E così lo scenario del post Allegri vede in testa un non-allenatore, o meglio un allenatore online come Clarence Seedorf. Talento indiscutibile, personalità da leader e carriera pluri decorata…il tutto però sul terreno di gioco. L’olandese in panchina c’è sempre andato con il muso lungo (o in alternativa con le indimenticabili ciabatte), però piace, e non poco, a chi poi alla fine deciderà. Vediamo quindi il lato positivo nell’immagine a livello internazionale che il Milan andrebbe a recuperare con un ex top player lanciato da Mister. Un uomo immagine, un simbolo inoltre della lotta contro il razzimo. Lui, che sarebbe il primo allenatore nero della storia rossonera in un momento delicatissimo sotto questo punto di vista. In questo senso sì, potrebbe fare bene.
Nota infine, a mio parere doveresa, su Daniele Bonera che ieri ha firmato il suo rinnovo di contratto spalmando per due anni. Non che sia il miglior difensore in assoluto, ma nemmeno nella rosa attuale. Non che abbia fatto chissaché imprese per condurre la squadra al terzo posto in classifica, non che in questi anni sia stato di vitale importanza per vincere Champions e Championato. Però quel “la Juve mi voleva, ma io volevo restare qui”, ha qualcosa di romantico. A Vinovo come a Milanello non sarebbe stato il centro del progetto, la possibilità però di chiudere la carriera in una squadra che ha tutte le basi per vincere nuovamente, almeno in Italia, avrebbe allettato molti. Daniele, milanista vero e non solo per professione, resta: è una piccola “bandiera” che non si strappa (almeno non fuori dal campo).