La “chiacchierata” con Tardelli è un lungo mea culpa del barese, che imputa a se stesso il fatto di non aver vissuto una carriera da top player: “E’ stata colpa mia se non ho avuto una carriera migliore, pensavo che con la sola qualità si andasse avanti. Ho giocato in grandi squadre, ma ho sempre fatto poco. Ho fatto più casini della grandine. Il 99% delle volte ho sbagliato io, però gli altri mi mettevano nelle condizioni di sbagliare e passavo dalla ragione al torto in un attimo”. L’ex numero 99 del Milan sa che la sua carriera non ha raggiunto le vette sperate, di certo non per ragioni tecniche: “Ho fatto il 50% di quello che potevo, ho sempre avuto un modo di allenarmi non professionale che non mi ha permesso di rendere al massimo durante le partite”.
Una delle domande di Tardelli non poteva non riguardare il momento più difficile della vita di Cassano, quel post Milan – Roma drammatico col ricovero per l’ictus: “Nel tragitto verso l’ospedale, non essendo credente, ho pensato: <Se c’è qualcuno, fa che possa rivedere mio figlio>. Ho preso paura ma non della morte, era paura di non rivedere mio figlio. A Christopher e Lionel (i suoi figli, ndr) dico che la cosa più importante è non fare calcio. Questo calcio mi ha stancato, troppa gente finta, troppi leccaculo”.
This post was last modified on 16 Maggio 2013 - 19:01