Domenica allo Juventus Stadium abbiamo assistito ad un suicidio sportivo, confezionato ad arte, come solo i rossoneri sanno fare. In un match nel quale l’avversario, col suo atteggiamento in campo, quasi palesa la volontà di non voler offendere, il Milan riesce addirittura nell’impresa di perdere contro una squadra che non voleva vincere. La causa più evidente è rappresentata dall’esitazione di Abate e dall’irruenza di Amelia, ma più in generale, è la sensazione di impotenza a segnare in modo indelebile la sfida, fattore molto più preoccupante della singola distrazione.
Il 3-5-1-1 di Conte, interpretato con ritmi compassati, addormenta sapientemente la partita. Anche il Diavolo ci mette del suo gestendo al rallenty ogni singolo possesso, evidenziando così i propri limiti tecnici e di condizione atletica. Il Boa si danna l’anima ma conclude poco, Monto smista palloni ma sempre in orizzontale, il Pazzo sgomita ma non la vede mai. E Robinho? Robi vaga per la trequarti avversaria senza trovare mai una posizione che possa minimamente impensierire i difensori bianconeri.
Poi c’è il Faraone che corre su e giù per la fascia, aiuta Constant in copertura e prova ad inventare qualcosa davanti. Prova, perchè le sue azioni si esauriscono regolarmente dopo uno o due dribbling. Sempre rapido ed elegante, ma non più brillante, risulta alla fine troppo poco incisivo. Chi lo contrasta ora conosce bene le sue caratteristiche. L’imprevedibilità che lo ha aiutato a segnare 16 gol in campionato è svanita e trovare anche solo il modo di calciare in porta risulta complicato.
Il modulo 4-3-3 offerto nelle ultime settimane è teoricamente lo stesso della grande rimonta, ma nella pratica ne è lontanissimo parente. Il dinamismo degli esterni alti d’attacco, abili in entrambe le fasi e le ripartenze corali vivaci, erano i dettagli in grado di rendere vincente questo sistema. Forse il ritorno di Balotelli riuscirà a nascondere queste lacune, tuttavia resta la sensazione che la squadra sia davvero in affanno.
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