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“Balotelli a cresta alta”, la biografia di Supermario: “Ma il mio cuore è bianco come quello degli altri?”

Che Mario Balotelli fosse un’icona mediatica forse ancor prima che calcistica, lo si sapeva già, ma nell’ultimo periodo due eventi hanno contribuito ad aumentare l’attenzione nei suoi confronti. Prima il Time che lo ha inserito tra le 100 persone più influenti del mondo, poi Raffaele Panizza e Gabriele Parpiglia, con ed. Roberto Maggi, lo hanno reso protagonista di una biografia, dal titolo “Balotelli a cresta alta”. Sia in campo che fuori Balotelli ha conquistato tutti, anche alcuni colleghi che lo guardano da lontano, ma che ormai lo conoscono abbastanza da poter scrivere di lui, come Totò Di Natale che ha curato la prefazione del libro.

La biografia ripercorre le tappe più importanti della sua vita, mettendo in luce un aspetto di Balotelli a noi poco noto, perché temporalmente troppo lontano, quello della sua infanzia. Come conferma il suo carattere “particolare” che ha conservato intatto ancora oggi, i suoi primi anni di vita sono stati alquanto turbolenti. Mario era un bambino vivace, talvolta anche cattivo nel prendere in giro gli altri, forse per farsi scudo di quella diversità che si sentiva addosso, perché a una certa età certe differenze sembrano mondi completamente opposti. Si divertiva ad alzare “le gonnelline alle bambine”, ricorda la sua maestra, e questo non ci sorprende, visto l’ampio repertorio di donne che si è costruito in questi anni. Eppure, come già detto, questa sua irrequietezza nascondeva una grande sensibilità e un disagio latente, che spesso palesava in classe chiedendo se il suo cuore fosse bianco come quello degli altri, oppure nero, nero come la sua faccia e il resto del corpo. Ce ne ha messo di tempo, per accettarsi. Ma, vedendo oggi le sue reazioni decise contro il razzismo, si capisce che ce l’ha fatta, ed ha finalmente capito che la diversità è solo nella testa.

Di seguito, alcuni stralci del libro pubblicati dal “Corriere dello Sport”:

La sua infanzia:Nei primi anni di vita il bambino dimostra un’irrequietezza particolare, per alcuni al limite dell’iperattività. Ha l’argento vivo addosso, direbbero gli anziani, un’energia cinetica che gli rende difficoltoso il lavoro di gruppo, anche il semplice starsene seduto ad ascoltare. All’asilo di Concesio, raccontano le maestre, spesso bisognava interrompere il lavoro in classe per portarlo fuori a correre e a sfogarsi. Alle elementari è bravo, “ma completamente selvatico e senza alcun inquadramento”, racconta Tiziana Gatti, la sua maestra dal 1996 al 2001 alla scuola Torricella di via Martinoni a Brescia. Gli piace la matematica, se la cava piuttosto bene nel risolvere i problemi e si dimostra subito portato per le lingue, soprattutto il francese”.

L’irrequietezza dei suoi primi anni: “Il suo comportamento però è sempre imprevedibile, scalmanato, incontenibile. Mario fa scherzi e dispetti e in mensa, ricordano le bidelle, il suo passatempo preferito è sollevare la gonnellina alle bambine. Una petulanza instancabile che spesso suscita reazioni violente e ingiustificate persino da parte degli altri genitori. In classe con Mario c’è Alissa, un bambino di origine siriana, figlio di un facoltoso medico di Brescia. Il bambino è timido e soffre di una forma marcata di balbuzie. Mario lo prende in giro insieme agli altri compagni, cattivo come sanno essere i bambini nei confronti dei più deboli. L’unica differenza, come al solito, è che Mario non ha limiti. Così, un giorno il padre di Alissa sbotta e decide di farsi giustizia da solo: si presenta a scuola di buon mattino e si fa indicare il bambino di colore che ha osato far piangere suo figlio. Si avvicina, lo rimprovera e lo colpisce con uno schiaffone. Mario corre in lacrime dal preside che, scandalizzato, minaccia di denunciare l’aggressione alla polizia”.

Il complesso della “diversità”… “Costantemente in preda a un sottile squilibrio, il piccolo Mario nei disegni si raffigura sempre con la pelle rosa, per paura di non essere accettato dai compagni. Come in preda a una piccola ossessione, chiede sempre le stesse cose: “Maestra, ma il mio cuore è bianco come quello degli altri oppure è nero come la mia faccia?”.

…e la sua accettazione:Solo in terza elementare, raccontandogli la filastrocca francese L’homme de couleur, Tiziana Gatti riesce a fargli accettare la sua “diversità”. “Da una parte c’è un bambino di colore; dice di esser sempre stato così, nero alla nascita, nero dopo aver preso il sole, nero se malato, e nero quando arrabbiato. Dall’altra c’è il bambino bianco che invece racconta di essere nato tutto rosa, ma di essersi ritrovato ogni tanto verde per la paura, o blu per il freddo, o oscuro per l’abbronzatura. E allora, dice a un certo punto il bimbo nero, chi è tra noi due il vero uomo di colore?”.

This post was last modified on 24 Aprile 2013 - 17:30

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redazione