Il Barça è fatto di marziani, ma questo giovane Milan avrà altre occasioni per trionfare in Europa

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C’eravamo illusi di eliminare il Barça, ma i marziani sono ancora marziani e giustamente sono passati loro. Noi siamo molto umani e dobbiamo crescere ancora tanto. L’avevo detto dopo il sorteggio: la crescita di questa squadra passerà anche da una sconfitta contro gli imbattibili blaugrana. È chiaro che dopo l’impresa dell’andata ci era venuta l’acquolina in bocca e adesso ci è rimasto solo l’amaro. Tieniamoci la soddisfazione e la gioia di quella magica notte del 20 febbraio.

Questo 4-0 è una severa lezione che farà crescere quei giocatori che nella loro carriera faranno tante partite come questa, ma che finora non ne avevano fatte ancora. Dell’undici iniziale solo Abbiati e Ambrosini erano abituati a serate cosí e questo fa la differenza. Lo si è capito quando, nei primi 10 minuti, quasi tutti i rossoneri avevano le gambe tremanti. Stop sbagliati, rinvii strozzati, passaggi all’avversario. Tutto questo ha dimostrato che il Milan non aveva ancora la testa per completare la grande impresa. Non me la sento di attribuire la minima responsabilitá ad Allegri che all’andata aveva imbrigliato i marziani. Col senno di poi forse avremmo potuto allestire un “catenaccio” di mourinhiana memoria e buttare palle in tribuna forti del nostro doppio vantaggio. E invece abbiamo provato a giocarla. Quando recuperavamo palla provavamo a scambiare stretto invece che tirare la famosa “palla lunga e pedalare”. Il risultato era che i marziani ripartivano sempre dalla nostra trequarti invece che dalla loro. Forse dovevamo essere piú umilmente catenacciari e invece abbiamo provato a giocarla alla pari dimenticando di essere inferiori. Idea della societá condivisa dall’allenatore. Al Camp Nou fece catenaccio l’Inter del 2010 piena zeppa di campioni e il Chelsea di Drogba l’anno scorso. Invece noi abbiamo voluto giocare alla pari. Peccando un po’ di presunzione e dimenticando che nel calcio capita che vinca il più debole. A patto che il più debole giochi da tale. Altrimenti mettendola sul piano del gioco vince sempre chi è più forte. È contro il Barcellona è successo proprio cosí. Servirà di lezione. Alla società che deve rendersi conto che nell’89 c’era Baresi e adesso c’è Mexes. Ai giocatori che sognano di diventare come quelli che vinsero al Camp Nou nell’89. La strada da fare ancora é tanta. Continuiamo a camminare.

E ricominciamo a farlo da domenica contro il Palermo, perché adesso al secondo posto ci puntiamo davvero. Per vivere un’estate tranquilla dal punto di vista atletico ed economico. Con la garanzia di ripartire dalle prime sedici d’Europa. Probabilmente addirittura dalle prime 8. Così scopriremo che quel palo di Niang l’altra sera sembrava un punto di arrivo, cioè la fine della nostra Champions. E invece è un punto di partenza. Per la carriera di un giocatore e per la crescita internazionale di una squadra appena formata. Chiudiamo gli occhi e rivediamo in quell’azione Pato davanti allo stesso Valdes nella stessa porta un anno e mezzo fa. Il brasiliano calciò molto peggio, centrale sul portiere ma la palla entrò. Fu l’ultimo gol pesante di Pato, fu l’ultima serata di gloria di quel Milan a fine ciclo. Gloria illusoria. Stavolta il 18enne francese ha calciato perfettamente mirando l’angolino ma non è entrata. Grande delusione. Ma di occasioni così questo Milan a inizio ciclo ne avrà tante altre. In fondo anche l’epopea berlusconiana dell’89 iniziò da un palo di Gullit il 24 maggio. Stesso campo, stessa porta. Oggi più che mai orgogliosi dei nostri colori e della nostra storia, fatta di grandi cadute e grandi resurrezioni.

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