Difficile distinguerti in positivo in una serata in cui tutto è andato storto, sin da primi minuti. Difficile caricarti addosso responsabilità e oneri quando dalla tua parte gioca un certo Andres Iniesta e il centrocampo non riesce mai a darti una mano. Difficile giocare fino all’ultima palla, fino all’ultimo respiro se a fianco hai dei compagni che sembrano non volerci credere più.
Eppure ieri sera Ignazio Abate c’è riuscito: chiusure che testimoniano un costante miglioramento in fase difensiva, tanta forza e tanto carattere di fronte alle frequentissime iniziative blaugrana. Il Barcellona, infatti, ben presto riceve il messaggio e sposta la sua mole di gioco sull’altra fascia, dove Dani Alves ha avuto sin da subito gioco molto più facile contro un irriconoscibile Constant.
Nella sua encomiabile partita solo due nei: il non aver osato di più nel dribbling offensivo contro il non irresistibile Jordi Alba (il goal nel finale non inganni: è lontano anni luce dalla foga agonistica del collega di fascia Alves) e il dubbio intervento in area ad inizio primo tempo su Pedro, che molto probabilmente avrebbe potuto essere punito con il calcio di rigore.
A Ignazio, però, queste due sbavature si perdonano volentieri: perchè ha saputo padroneggiare quella fascia con una sicurezza in fase difensiva che poche volte gli abbiamo visto, perchè, a differenza di tanti suoi compagni più blasonati e attesi, non ha mollato di un centimetro anche quando il gioco si è fatto durissimo e ha saputo lottare, crederci e sperarci fino alla fine. Con e per noi.
Gliela leggevi negli occhi, la voglia di farcela. Nel battere le rimesse laterali, sempre più in fretta e sempre con maggior sconforto. Nello smarrimento con cui cercava il dialogo con quel Boateng che mai si faceva trovare al posto giusto. Nelle cavalcate sulla destra, alla ricerca del cross giusto. Ma siamo davvero sicuri di volerlo lasciar al PSG a fine stagione?