Nessuna prima donna (quella più bizzosa “confinata” al campionato), tanto sacrificio, ma soprattutto la capacità impensabile di bloccare le fonti di gioco blaugrana e di colpire i loro punti deboli. La partita con il Barcellona è un compendio “allegro” di doti a volte nascoste, altre volte incomprensibili, altre volte ancora miracolose. Da una parte non capisci perché metta titolare Pazzini e non Niang. Poi lo capisci. Da un’altra parte non capisci perché scelga Abate a De Sciglio. Poi capisci anche questo. E, su tutto, non ti capaciti di come un centrocampo formato da Montolivo, il saggio Ambrosini e l’apparentemente svogliato Muntari possa competere con Xavi-Busquets-Fabregas. Ma son tutte domande che, alla fine, trovano risposta nell’inoperosità di Abbiati, nella non preventivabile sterilità del tiqui-taka e soprattutto nella consapevolezza che, signori, il Milan non ha giocato solo di rimessa, non ha giocato solo all’italiana. Ha giocato ben più che l’anno scorso. E non ha subito gol.
Perfetta partita difensiva, come ha voluto spiegare Allegri dopo il match, ma che non vuol dire necessariamente “catenaccio”. Facile per il Barça attaccarsi a questo; facile perché quando si ha la consapevolezza di essere i più forti, spesso si rischia di pensare di essere anche imbattibili. Era successo tre anni fa all’Inter di Mourinho, è successo l’anno scorso al Chelsea di Di Matteo e ora, pur con un ritorno tutto da scrivere (e figuriamoci…), è successo al Milan di Allegri. Se poi pensiamo alla particolarità, forse all’unicità della stagione rossonera, la sensazione di aver compiuto una vera e propria (mezza) impresa cresce sempre più. E allora ripartiamo da qui, da una serata davvero storica, dal gol del 2-0 che racconta alla perfezione lo spirito di rinnovata coesione che si respira a Milanello. Ripartiamo da qui e divertiamoci. Perché ora tutto può davvero succedere.
(Christian Pradelli per ilSussidiario.net)
This post was last modified on 22 Febbraio 2013 - 12:56