Quella tra Mario Balotelli e il Milan somiglia tanto alle storie d’amore tipiche dei film strappalacrime, quelli in cui due persone sanno da sempre di essere fatte l’una per l’altra, ma si ricongiungono solo nell’ultima, struggente, scena, magari dopo aver passato tutto il resto del film tra le braccia di un “partner” occasionale, che non ti fa battere il cuore e non è quello con cui vuoi passare il resto della vita . Adriano Galliani, da sempre inguaribile romantico del giuoco del pallone, si è immesso nei panni dell’indimenticato Alberto Castagna e, magari con in sottofondo la celeberrima “All you need is love” dei Beatles, ha convinto gli spocchiosi sceicchi del City a far tornare il Bad Boy tra le braccia del suo amato Milan.
La prima testimonianza della passione rossonera del ragazzo nato a Palermo, stando alla Gazzetta dello Sport, risale all’età di nove anni, quando festeggiò nella bresciana Concesio (la città dei genitori adottivi, ndr), lo scudetto del centenario del Milan di Zaccheroni. Poi la carriera calcistica, prima al Lumezzane e poi all’Inter, dove Roberto Mancini lo porta in prima squadra all’età di diciassette anni. Ma, nonostante vesta i colori dell’altra squadra di Milano, Mario non perde occasione per cristallizzare il suo tifo “indiavolato”: lo confessa, forse ingenuamente, ad un appuntamento benefico all’istituto Don Gnocchi, quando risponde ai ragazzi presenti con un eloquente: “Io tengo al Milan”.
Sempre in quell’annata, c’è la vicenda del tapiro di “Striscia la Notizia”, con Staffelli che lo convince a indossare, a telecamere (non) spente, la maglia rossonera con il numero 45, strappando una dichiarazione eloquente: “Un giorno giocherò nel Milan“, che fa venir giù un putiferio perché solo qualche giorno prima aveva scagliato a terra la casacca nerazzurra nel post Inter – Barcelona di Champions. E poi si conclude, ma questa è storia emersa recentemente, con i calzini rossoneri che SuperMario indossava agli allenamenti ad Appiano Gentile, scatenando l’ira del mai pacifico Materazzi, che ha ammesso più volte di avergliele suonate di santa ragione per i suoi comportamenti bizzosi. Successiva a tutto ciò, vi è la parentesi inglese, al City del suo padre calcistico Roberto Mancini, che non è riuscito a farne di lui un punto cardine della storia dei Citizens, trovandosi molte più volte costretto a redarguirlo per le bravate extra calcistiche che a complimentarsi per le sue gesta nel rettangolo di gioco. Bravate che quasi sicuramente sono dovute al disagio che Balotelli viveva in un ambiente, quello inglese, a lui ostile e diffidente e nel quale, ad eccezione proprio del suo tecnico, non si sentiva apprezzato.
Forse, dunque, è davvero così, Mario: all you need is love. Tutto ciò di cui hai bisogno è una squadra che ti supporti dentro e fuori dal campo, che ti metta nelle condizioni di esprimere il tuo enorme potenziale; di un ambiente che ti faccia sentire amato e parte di un progetto, consentendoti in tal modo di sfuggire ai colpi di testa a cui erano abituati nel North West England; di tifosi che ti acclamino per quello che sei, un grande campione e una brava persona. Siamo pronti SuperMario, facci sognare!