La Cina sbarca a Milano. O forse, più probabilmente, sarà il Milan a sbarcare in Cina. Si, perché l’accordo firmato dal club di via Turati con il Guangzhou poggia su “solide basi”. Ne è convinto Gennaro Bozza, giornalista della Gazzetta dello Sport esperto di vicende sportive nella Repubblica Popolare, che in esclusiva con SpazioMilan.it ha voluto analizzare tutte le possibili sfaccettature di questa inedita partnership commerciale.
A che punto è il termometro della passione cinese per il calcio italiano?
“Bisogna stare molto attenti all’interesse dei cinesi per le nostre società. L’Inter è un esempio di come questi ricchi non offrano proprio valide certezze. Nel caso dell’accordo raggiunto dal Milan col Guangzhou si tratta di una società giusta, certamente la più affidabile. Ma i rischi ci sono sempre perché girano tanti soldi, ma c’è pure molta corruzione”.
Quali sono i fattori di rischio?
“Il problema è che i principali club calcistici cinesi sono di proprietà di grandi imprenditori del settore immobiliare. E’ vero che l’economia di Pechino continua a crescere e lo sviluppo delle città sta conoscendo un’evoluzione inarrestabile. Ma se dovesse arrivare un freno, qualcosa comincerebbe a scricchiolare”.
Che cosa significa per un club cinese sottoscrivere intese come quelle tra Guangzhou e Milan?
“Innanzitutto c’è una passione esponenziale per il calcio italiano ed europeo. Ricordo che già qualche anno fa un club di Pechino voleva accordarsi con il Real Madrid, addirittura cambiando il nome unendo quello dei blancos al proprio. A favore del calcio, inoltre, c’è il nuovo segretario del Partito Comunista della Repubblica Popolare, che è un grande appassionato. Vuole portare i Mondiali in Cina e gli andranno tutti dietro”.
Insomma, buone prospettive. Ma il Milan cosa ci guadagnerà?
“Vedo tanti interessi commerciali, soprattutto sotto il profilo del merchandising. In Cina sono tutti pazzi per il calcio italiano, ma si vive ancora di miti. Vanno a ruba maglie di Baggio, Maldini, Del Piero. Immagino che i rossoneri dovranno disputare qualche amichevole a Pechino con conseguenti ritorni economici e di immagine, stando, però, attenti a tanti rischi”.
Quali in particolare?
“Anche per il merchandising ci sarà da fare attenzione al mercato dei falsi che sono più degli originali. La Cina offre vantaggi a chi cerca investitori, ma è un mercato enorme che non potrà mai garantire integralmente chi decide di inserirsi”.
C’è qualche giocatore che potrebbe far bene in Serie A?
“No, ora proprio no. L’unica squadra decente fu allestita nel 2002 in occasione dei Mondiali in Corea del Sud e Giappone. Era una Nazionale composta da giocatori che a 14-15 anni vennero presi da un’azienda produttrice di succhi di frutta e portati in Brasile per quattro anni a studiare calcio. I risultati non furono negativi, come dimostra il caso del trequartista Lie-Tie, discreto elemento che fece esperienza anche in Inghilterra. Ora, però, non c’è alcun elemento da mettere sotto osservazione”.