Croce e delizia questi brasiliani. Capaci di gol e prestazioni straordinarie, come anche di momenti oscuri dove l’ennesimo dribbling di troppo fa perdere la pazienza a compagni di squadra, tifosi e allenatore. Si è arrabbiato Allegri, durante Milan-Zenit, quando Robinho, sul finire della gara, ha sbagliato qualche palla di troppo. Lo ha ripreso, ma ci ha messo poco ad ammettere: “Robinho è fondamentale per noi“.
E non può che essere così, non può essere altrimenti. Perché anche questo Binho, pur con la testa un po’ in Brasile, riesce a dare il brio giusto ad una manovra che, tolto l’indiscutibile El Shaarawy, si infiamma molto poco facilmente. Pazzini si sbatte, ma in questo schema e con giocatori che non sposano al meglio le sue caratteristiche, poco ci azzecca, Boateng potrebbe essere “reinvetato” centrocampista a breve, mentre Pato rimane un’icognita sia quando è in campo sia quando è in infermeria. Resta Bojan che però sembra sempre poter rendere al meglio nella posizione dove non lo metti (se gioca punta centrale, si dice sia un’esterno e viceversa).
Quindi Binho è fondamentale. Per qualità, per quantità, per sacrificio e, soprattutto, per questo modulo. Se la strada del 4-3-3 è quella definitiva, allora davvero lasciar partire il talento ex City sarebbe una follia. Servirebbe invece tutta la maestria oratoria di Berlusconi per trattenerlo in Italia, fino a giugno e oltre, considerando anche che se Bojan non dovesse venire riscattato si dovrebbe stravolgere nuovamente l’attacco.
C’è però da considerare una variante “impazzita”. Ha la faccia da bad boy e rivolterebbe ogni qualsiasi tipo di discorso. Con Mario Balotelli in rossonero, potrebbe non essere più necessario giocare a tre davanti. Il tandem italiano formato con El Shaarawy avrebbe tutte le caratteristiche per fare male da solo. Questo però è un sogno, anzi no.