Nel gennaio scorso Alexandre Pato era un giocatore del Psg, oggi il talento che, pur non essendo in condizione fisica perfetta, butta dentro il pallone chiave per il passaggio agli ottavi di Champions è lui. Ma non è fatta: il ragazzo non è ancora convinto. Scatta con il freno a mano tirato, fatica a proteggere con cattiveria il pallone e a metabolizzare quel passaggio di livello verso la maturazione tattica. Indolente, a volte, all’apparenza, svogliato e poco produttivo. Però dietro all’angolo ci deve essere la svolta giusta. Da qualche parte la retta via su cui proseguire e non fermarsi più dovrà pure essere segnalata da un cartello grande e visibile a tutti.
Il ventitreenne spera che il colpo di testa a San Siro sia la sua bacchetta magica. E ci spera anche il Milan che fino a qualche settimana non solo credeva poco nel suo numero 9, ma anche in se stesso. Da 4 partite a questa parte però c’è stato un sensibile cambio di marcia: 8 punti sui 12 disponibili tra Champions e campionato. Non una squadra da record, ma da qui si può provare a costruire quel qualcosa che non più di un mese fa sembrava un’utopia.
Insieme: Pato e il Milan. A piccoli passi, tra pareggi e prestazioni così, così. Senza fischi, per nessuno, perché non c’è peggior malattia della sfiducia alimentata da chi dovrebbe proteggerti. La cura allora passa dalle carezze di Allegri, il maestro chiamato a sottolineare, sempre, gli aspetti positivi, ma anche da quelle degli esigenti tifosi, veri critici, forse un po’ troppo severi, del Milan e del suo campioncino più fragile.
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This post was last modified on 8 Novembre 2012 - 15:00