Una partita da tre moduli, l’ultimo quello giusto?

Ci vuole un tempo (troppo) per vedere un Milan un po’ più spavaldo e, almeno in parte, convincente. Sull’orlo del baratro al minuto quarantasette, ad un passo dall’impresa, dopo il gol del pari, al 77′. Alla fine resta un pari che salva nuovamente Allegri prolungando così la sua permanenza sulla bollente panchina rossonera. C’è tanto del tecnico toscano tra una frazione di gioco e l’altra, da un modulo e tutto il suo contrario.

Si parte con un 3-5-2 inedito e molto poco propositivo. Il Palermo, nonostante un centrocampo milanista (foltissimo e composto da uomini come Nocerino e Flamini bravi, sulla carta, a recuperare i palloni) si fa scavalcare troppo spesso e altrettanto facilmente. Nascono così diversi pericoli e l’errore, misto a ingenuità, di Ignazio Abate che si fa letteralmente strappare un rigore da Miccoli.

Sotto Allegri fa entrare subito Emanuelson, escluso un po’ a sorpresa dalla formazione iniziale, e passa così a un 3-4-3. Pochi istanti e Brienza fredda Amelia per un 2-0 che potrebbe tagliare le gambe a qualsisi squadra, figuriamoci a un Milan già depresso di suo. Eppure al 52′ arriva la svolta: dentro Bojan e Pazzini e si passa al più rodato 4-2-3-1 che aveva portato fortuna contro lo Zenit.

Montolivo ed El Shaarawy (stanco sul finale ma sempre in partita) finalizzano un buon secondo tempo e tengono aggrappato Allegri alla panchina. Ora bisognerà partire dalla voglia e l’agonisimo messo in campo dopo il 2-0. E forse anche con quel modulo che già aveva convinto.

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