Un giorno il Milan contatta Guardiola. L’altro vende il 30% di sè medesimo a russi o arabi che siano. Ferrero però, da sempre super tifoso rossonero, è in agguato e vuole comprararsi da Berlusconi tutto il pacchetto. Galliani? Biesuz, attualmente ad di Trenord, è pronto a subentrargli. Mai come di questi tempi lavorare a Milanello è difficile, mai come di questi tempi, necessariamente, si susseguono, vere o false che siano, smentite per far rientrare la situazione nei ranghi della normalità. Ma mai come di questi tempi, anche per la società da sempre leader della comunizazione, gestire il tutto risulta difficile.
A sbagliare si è iniziato a giugno quando ai tifosi si promettevano Ibrahimovic e Thiago Silva, a sbagliare si è iniziato quando si è confermato Allegri, probabilmente, senza crederci fino in fondo. Da lì in poi il Milan ha dato modo alle voci di fluire, più o meno, indisturabate. In mezzo a tutti questi grattacapi la squadra si allena e cerca la strada per tornare ai vertici. Ma i giocatori, purtroppo, non vivono sotto una campana di vetro così i dubbi e le incertezze se li portano sul campo. Quale autorità può avere un allenatore che tutti danno sulla graticola? Che immagine dà un Presidente che non si presenta allo stadio da tempo immemore?
Anche a Milanello poi ci sono gli eterni dilemmi da sciogliere. Il ruolo (e condizione fisica) di Boateng restano un mistero ai più, Emanuelson un giorno è terzino, l’altro ala, quello dopo ancora trequartista. Pato vive con l’ansia di farsi male per l’ennesima volta mentre Robihno ha la testa al Santos. Acerbi, comprato per sostituire Nesta, finisce regolarmente in panchina dove ad attenderlo c’è Zapata (quello che avrebbe dovuto sostituire Thiago Silva). Pazzini non è Inzaghi (questo almeno lo abbiamo assodato) e Bojan non è ancora quello del Barcellona. Poi ci sono anche i vari Traorè, Constant e una marea di altri dubbi legati a posizioni, qualità e assetto tattico.
I punti fermi sono pochi, pochissimi. Forse addirittura solo uno e ha il volto furbo e la cresta di Stephan El Shaarawy, non ancora 20 anni e già salvatore della patria in varie occasioni. Da lui la ricrescita, lunga, dolorosa e faticosa, vuole ripartire. Mancheter United permettendo. Facciamo punto mobile più che fermo.