La difesa del Milan in questa stagione sta palesando problemi fin troppo evidenti e sconcertanti sulle palle inattive. Addirittura, sette delle nove reti subite fin qui dai rossoneri sono arrivate da calci piazzati. Una statistica imbarazzante che esprime un dato inequivocabile. Qual è la fonte di tutti questi problemi? Perché si soffre così tanto quando la palla vaga in area di rigore?
Certamente Nesta e Thiago Silva, oltre che Van Bommel ed Ibrahimovic, assicuravano centimetri e sicurezza sulle palle alte nella nostra area e difficilmente si facevano anticipare dagli avversari. Quei quattro marcantoni però, come detto e ridetto e ripetuto fino alla nausea, non ci sono più. Ma, almeno sui colpi di testa per difendere la propria area, gente come Bonera, Mexes, o meglio ancora Yepes, hanno qualcosa da invidiare ai sopra citati? Sicuramente no. E allora, dov’è il problema?
Una chiave di lettura si potrebbe trovare nella mancanza di un leader che sappia organizzare le marcature e la terza linea in maniera impeccabile, un libero vecchio stampo, uno alla Sandro Nesta tanto per intenderci. Ma, chi deve essere il padrone della propria area di rigore? Chi dovrebbe, in primis, infondere sicurezza ai suoi compagni di reparto? La risoluzione a questo quesito è semplice. Il numero uno, il portiere, il guardiano sui sogni dei propri compagni. Ed è qui che ci imbattiamo in un problema che a mio avviso ha origini molto antiche.
Christian Abbiati, attuale estremo difensore dei rossoneri da ormai tre anni, non ha mai brillato lontano dai pali della propria porta. Un portiere normale, magari anche discreto, quando si parla di interventi a difesa della propria porta (lo scudetto di Zaccheroni e quello di Allegri portano senz’altro anche la sua firma), ma terribilmente insufficiente se si considerano le uscite e, sicuramente dato meno rilevante quando si parla di un numero uno, il sapersela cavare con passaggi, rilanci e palla fra i piedi.
L’allenatore storico del Milan in questo ultimo decennio, Carlo Ancelotti, gli ha sempre preferito gente come Dida o Kalac, con Leonardo parava Storari o lo stesso brasiliano. Dopo l’annata monstre all’esordio con Zaccheroni, prima della fiducia incondizionata che gli ha concesso Allegri, Christian ha sempre fatto tanta, tantissima panchina e girato l’Italia e la Spagna in prestito, ricordiamo le annate passate a Torino, fra il Toro e la Juventus e quella a Madrid nell’Atletico (dove fra l’altro era la riserva di Leo Franco).
Le appena quattro presenze in Nazionale chiudono il cerchio su un portiere che, soprattutto nelle ultime due stagioni, non è più riuscito a dare la giusta sicurezza ad un pacchetto arretrato che mai come in questa stagione ne avrebbe terribilmente bisogno. Qualcuno potrebbe negare che la differenza fra Juve e Milan nella passata stagione è stata anche nei numeri uno? O abbiamo la memoria corta e ci dimentichiamo delle incertezze colossali di Abbiati contro Udinese, Juventus, Napoli, Roma, solo per citare le prime che mi vengono in mente.
Qualcuno potrebbe certamente obiettare e ricordarmi della prestazione contro lo Zenit. Certo, ma l’uscita sul gol del pareggio ci poteva costare cara e va a fare il paio con i due incredibili errori che hanno compromesso il derby. Purtroppo il ruolo del portiere è un ruolo estremamente delicato, in cui gli errori si notano molto di più che in altri ruoli e pesano in quantità doppia rispetto alle prodezze.
Il piccolo Diavolo di quest’anno ha tantissimi problemi e questo è certo, ma se si va a fare un confronto e si nota che gli estremi difensori delle prime quattro squadre in classifica rispondono al nome di, Buffon, De Sanctis, Handanovic e Marchetti, si può trovare un motivo in più per spiegare la differenza enorme di punti in graduatoria dopo sole sette giornate.