Inoltre a carriera finita c’è anche il tempo di godersi il meritato successo: “Finalmente, riesco a rendermi conto di quello che ho fatto nella mia carriera. Quando giochi, non ci riesci: ogni volta che raggiungevo un obiettivo, me ne ponevo subito un altro”. Ma la cosa più importante è un’altra e non ha nulla a che vedere con i trofei: “L’affetto della gente è ciò che mi rende più orgoglioso. Mi fermano per ringraziarmi. Ed è questo l’esempio che voglio dare ai miei ragazzi: quando si gioca per 20 anni e la gente ti ringrazia, significa che puoi andare fiero di ciò che hai fatto. E io ce l’ho fatta con il desiderio, la volontà e l’umiltà: penso sia per questo che mi apprezzano”. Il ricordo più bello? “La notte di Atene, che è stata la mia notte. Con 5 gol in 3 finali ho fatto ciò che nessuno aveva mai fatto, nemmeno Cristiano Ronaldo o Messi. Lo ha fatto Inzaghi, un italiano”.
Nonostante le offerte, chiarisce Pippo, la vita lontano da Milano e dal Milan non faceva per lui: “Di offerte ne ho avute, anche una dal Granada. Ma il Milan è il Milan: ho dato tutto per questo club, ho chiuso la mia carriera segnando un gol con uno stadio che piangeva per me. Ho lasciato un grande ricordo e non mi vedevo da nessun altra parte. Purtroppo non potevo più continuare a giocare, e se non potevo continuare al Milan, allora era meglio smettere. Non aveva senso continuare con un’altra maglia”.
Infine un monito ai giovani con cui Inzaghi è a contatto ogni giorno: “Il calcio è cambiato moltissimo rispetto a quando ho iniziato. Allora si giocava per strada, facevamo le porte con gli zaini. Ora i ragazzi sono viziati, sono sempre al computer, su Facebook, e si vede meno calcio nei parchi. Il calcio di strada ti faceva maturare prima”. Chissà che l’esempio di Pippo non possa fare bene agli Allievi…
This post was last modified on 1 Ottobre 2012 - 18:47