Dopo le prestazioni inguardabili con Sampdoria, Atalanta e Anderlecht e la pochezza messa in campo a Udine in molti, io fra quelli, auspicavamo l’introduzione del 4-2-3-1, forse non la panacea di tutti i malanni rossoneri, ma una possibile chiave di soluzione per una stagione fin da da subito complicatissima e maledetta.
Ebbene, Allegri a Parma ha schierato la squadra proprio con questo modulo visto che Ambrosini e De Jong “coprivano” davanti alla difesa, con Nocerino, Boateng ed El Shaarawy a fare da assaltatori alle spalle del leggero Bojan Krkic. Risultato? Qualche spunto, qualche bella triangolazione, un gol arrivato in contropiede, ma nel complesso la solita mediocrità vista finora e, cosa più preoccupante rispetto alle altre, il fatto che il Milan non sia più una grande squadra, nè negli uomini – e questo l’avevamo già capito da qualche settimana – e nemmeno nella mentalità, nella convinzione, nella capacità di gestire la partita. Questo in effetti mi è sembrato l’errore principale. Dopo un primo tempo con scarsa personalità e un’assenza totale di occasioni da gol, i ragazzi di Allegri sono rientrati in campo con un piglio diverso e grazie soprattutto alle qualità di El Shaarawy si sono portati in vantaggio. Il Parma, come spesso accade alle squadre di media-bassa classifica in questi casi, è andato in bambola e i rossoneri hanno avuto almeno altre tre occasioni per mettere al sicuro il risultato. Boateng, oltre ad aver sbagliato il raddoppio di testa da due passi, non ha mai dato la sensazione di poter prendere in mano la squadra, di guidarla verso un porto sicuro, ne quando la squadra si trova nel mezzo di un mare burrascoso e nemmeno quando naviga in acque calme e tranquille.
Così gli uomini di Donadoni hanno raggiunto il pareggio abbastanza casualmente, forse senza crederci neanche troppo in quel momento, ma indubbiamente favoriti da una squadra non in grado ne di chiudere ne di gestire le partite, caratteristiche tipiche delle grandi squadre. E qui si chiude il cerchio del discorso, ma questa squadra “grande” lo diventerà mai oppure abituerà i suoi tifosi ad una stagione di mediocrità e affanni? Paradossalmente ciò che poteva favorire questo Milan rivoluzionato in questo inizio di stagione era proprio il calendario. Una partenza con Samp, Atalanta e Cagliari in casa, Bologna, Udinese – questa Udinese – e Parma fuori, e un inizio soft in Champions League a San Siro con l’Anderlecht. Sinceramente cosa si poteva sperare di meglio? In vece il calendario è stato una trappola, con insidie nascoste ovunque e un percorso che è diventato ad ostacoli più per colpe degli uomini di Allegri che per particolari meriti altrui.
Ora, però, arriva il difficile: San Pietroburgo, derby, Malaga e a breve anche la Juventus e a questo punto il Milan non potrà più nascondersi, tempo per aspettare non ce n’è più, quindi se questa squadra ha qualità e personalità questa è la settimana giusta per metterli in mostra, aspettare ancora potrebbe essere fatale, sia per i giocatori, sia soprattutto per l’allenatore, che entra in un mese decisivo.
A svantaggio di Allegri gioca il fatto che non ci saranno recuperi importanti. Robinho è già rientrato anche se non ha ancora nelle gambe i 90 minuti, Pato rientrerà dopo la sosta – anche se dobbiamo ancora capire se intendeva quella della nazionali o quella di Natale – e quindi l’allenatore dovrà creare calcio con il materiale che ha già a disposizione e questo è ciò che preoccupa di più i tifosi.
Stasera i rossoneri saranno impegnati in Russia contro una squadra in crisi quanto loro, ma inutile dire che fare risultato a San Pietroburgo sarebbe importantissimo, sia per la classifica del girone di Champions, sia per il morale, che in questo periodo della stagione conta tanto quanto la classifica.
Io insisterei ancora con il 4-2-3-1, magari ancor più coraggioso rispetto a quello visto a Parma e quindi con Boateng, Emanuelson e El Shaaarawy dietro a Robinho o Pazzini, anche per dare un chiaro messaggio alle avversarie del girone. Le maglie rossonere che verranno indossate nella ex Stalingrado sono pur sempre quelle di una squadra che ha fatto la storia del calcio europeo.
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