Si avvicina il tempo della partita delle partite e a Milano l’aria inizia a farsi bollente. Gli allenatori prima della stracittadina sono sempre un po’ in bilico, Allegri che già si trova ben distante dalla vetta (e dalla stessa Inter) lo è più di Stramaccioni. Sotto i riflettori della critica, in particolare, c’è però anche un giocatore che ha iniziato la stagione con le migliori intenzioni ma che, fin ora, ha deluso in toto. Mi riferisco a Kevin Prince Boateng, da troppo tempo sulle prime pagine rosa gossip e lontanissimo da quelle sportive.
Quel 10 apposto dietro alla maglia rossonera è il sogno di tanti ragazzini che si affacciano al mondo del calcio. Giocarci significa essere il fulcruo della squadra, il migliore, il top player dal quale i compagni si aspettano le grandi giocate. Gli avversari ti temono e spesso costruiscono una gabbia su misura per arginare il tuo stra potere. I tifosi si aggrappano a te, perché sanno che il talento si può limitare ma mai fermare del tutto. Ti basta un’occasione: una palla dal limite dell’area e tu inventi la giocata giusta. L’assist al bacio oppure il gol che rimarrà negli occhi di tutti e che i ragazzini sognanti cercheranno di imitare su qualsisi campetto di periferia.
Al “Boa” per ora il 10 è andato largo. Da quando lo indossa non c’è stato nessun acuto e anzi, spesso è andato fuori tempo rispetto ai compagni. Il derby però è magico, tanti da giorni continuano a ricordare quanto sia una partita a sè. Chissà che l’atmosfera non risvegli anche le sopite doti del 10 più atipico della storia del Milan. Aggressività, carisma e voglia di stupire. Non si chiede a Kevin ciò che non è di Kevin. Non lo si vuole trasformare nel 10 tecnico ed elegante, si vuole semplicemente che torni a fare quello che faceva con il 27 indosso. Può essere lui l’arma letale di domenica, può essere lui la chiave di volta della stagione. O adesso o mai più.