La Procura di Pescara ha iscritto tre persone nel registro degli indagati in relazione al fascicolo aperto per la morte di Piermario Morosini, il giocatore del Livorno avvenuta lo scorso 14 aprile allo stadio Adriatico durante il match di Serie B tra la squadra toscana e il Pescara. L’ex calciatore dell’Udinese perse la vita a causa di una cardiomiopatia aritmiogena.
Sotto inchiesta, con l’accusa di omicidio colposo, sono finiti il medico sociale del Livorno Manlio Porcellini, quello del Pescara Ernesto Sabatini, e il medico del 118 in servizio quel giorno allo stadio, Vito Molfese. Gli inquirenti, coordinati dal pm Valentina D’Agostino, vogliono approfondire il mancato utilizzo del defibrillatore.
Il professor Cristian D’Ovidio dell’Università di Chieti, incaricato dalla Procura di eseguire la perizia, scrisse in oltre 200 pagine che la cardiomiopatia aritmiogena di Morosini si era manifestata con una “fibrillazione ventricolare“, concludendo che il defibrillatore andava usato. Alla stessa conclusione arrivò pure l’esperta Cristina Basso, dell’Università di Padova, consulente della famiglia del calciatore bergamasco.