Ibra, quando la sincerità non è apprezzata

Nel calcio di oggi esistono tanti tipi di sincerità. C’è quella forzata, quella per convenienza, quella per gratitudine, per compassione e anche quella per le telecamere. Tutte gradazioni di un concetto che nel mondo del calcio non trova più significato. Parlare di sincerità quando si vede il proprio attaccante esibirsi in un tuffo carpiato in area ed esultare alla trasformazione del rigore, oppure quando si vedono giocatori cambiare sponda del Naviglio e presentarsi in conferenza stampa nelle vesti della verità indiscutibile: ecco perchè il calcio italiano è malato. E quando un 65enne esce dal coro, parte subito il moralismo italiano. Ma stavolta un pezzo grosso l’ha seguito.

Stiamo parlando di un giocatore che guadagna più del Presidente del Paese in cui gioca, che è capace di spostare su di sè tutti i riflettori della scena europea anche se andasse a giocare dove il calcio non è ancora arrivato. Zlatan Ibrahimovic è questo e molto altro. E in un’intervista a EuroSport, l’asso svedese ha voluto così commentare il difficile momento della sua ex squadra contro la scalata del suo PSG: “Penso che questa squadra sia più forte del Milan. Ed è anche il motivo per cui sono venuto qui. Con il mio arrivo, quello di Thiago Silva e di altri giocatori importanti il PSG ha acquistato grande qualità. Allo stesso tempo il Milan, invece, ne ha persa”. Parole scontate, forse banali, ma che probabilmente irriteranno il tifoso medio rossonero che si sente quasi preso in giro da un campione del suo calibro. Ma Ibra si è limitato a dire la verità.

Come a dire: “Io adesso sono in una delle squadra più forti e di voi non mi interessa nulla”. Invece no. Ibra credeva veramente nel nuovo percorso intrapreso del Milan e si è trovato, per la prima volta nella sua carriera, ad essere scaricato lui invece che fare le valigie e chiedere di essere ceduto. Sarebbe rimasto volentieri a Milano, ma il bilancio societario premeva su sul onerosissimo, ma proporzionato al rendiamento, ingaggio. Perchè Ibra è così, prendere o lasciare: e siamo sicuri che, come il signore di 65 anni che finisce il prima pagina per quello che dice e non per quello che vince, anche allo svedese toccherà la stessa sorte. Nel bene e nel male.

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