Ambro chiede collettivo e coesione, ma con il Real si arrende senza graffiare

Nemmeno una settimana fa, alla Gazzetta dello Sport, Ambrosini aveva definito, da capitano vero, le linee guida del nuovo Milan, soffermandosi su collettivo, impegno e coesione. Tre qualità che, se usate al servizio della squadra, non c’è dubbio, fanno grande una formazione. Di calcio ma non solo. Queste stesse prerogative contro il Real Madrid, però, sono venute a mancare palesemente, minuto dopo minuto. Stanchezza, amichevole, avversario: le “scuse” ci sono e ammorbidiscono un po’ l’amara sconfitta, ma evidenziano (menomale) limiti grossolani.

Ed è strano che proprio il capitano numero 23 rossonero, ieri, abbia steccato nell’impegno più delicato, più provante, più ambizioso. Quasi mai nel vivo del gioco (in campo solo nel primo tempo), pochi palloni toccati e un numero bassissimo di falli e contrasti: non il Massimo della prestazione. Ambro è sembrato più di tutti subire i carichi di lavoro dei giorni scorsi, l’età, non a caso, avalla questo inconveniente. Voglia e grinta ci sono e rimangono le sue doti naturali ma, dopo una buonissima preparazione fin qui e senza nessun problema, ha “chiamato” una pausa.

Contro la corazzata blanca che si è abbattuta contro il Milan a New York non era facile per nessuno, né per i giovani né per un veterano come lui, che si è visto più volte scavalacato dalla sfera. Ma proprio da capitano e bandiera rossonera, in un test vero e maschio, ci si poteva aspettare di più. Nessuna crocefissione, nessun commento fuori luogo del tipo “è vecchio” o “non corre più”: semplicemente una serata no.

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