Erano belli i tempi in cui Galliani portava su un palmo di mano la scelta del suo Presidente, l’uomo della rinascita milanista. C’era idillio tra Berlusconi, il suo braccio destro e Massimiliano Allegri, l’esecutore materiale delle idee societarie. Oggi quella serenità è finita, bruscamente ma con qualche piccolo preavviso. Lo scudetto perso ha segnato, eccome se ha segnato, il rapporto tra i tre, e l’anello debole della catena è indubbiamente l’allenatore toscano preso a spallate prima dall’uomo numero uno, poi da quello numero due .
Nel 2000 qualcosa di analogo successe a Zaccheroni. Medesimo risultato con le merengues e quasi, quasi ci rimette il posto. Allarme poi rientrato per qualche mese, fino all’eliminazione dei giorni di Champions. Ma occhio Max, perché questi risultati estivi sono forieri di sventure. Nel 2008 batosta contro il Chelsea e stagione avara di successi con il ciclo Ancelotti chiuso. Non più fortunato Leonardo, a suonarle fu il Bayer Monaco e, dopo vari litigi presidenziali, a fine anno chiude i battenti con il dente avvelenato. Tutte decisioni di Berlusconi, tutti rimbrotti suoi. Qui invece c’è qualcosa di diverso.
Non era mai successo infatti in tanti anni nel calcio che Adriano Galliani tuonasse in maniera così acuta contro il suo allenatore. E ci sono stati periodi più bui, sconfitte nettamente peggiori a un 1-5 beccato pur sempre in un’amichevole estiva. Semmai era Berlusconi a criticare e, dietro, Galliani a rimediare, a raccogliere i cocci ricostruendo il rapporto con l’allenatore in questione, difendendolo a spada tratta sui giornali. Ma i tempi cambiano, i ruoli si invertono e un Galliani che spara un “cazziatone” memorabile tanto quanto inaspettato fa parte della nuova realtà (speriamo non del nuovo stile). Forse anche lui proprio sereno non è, siamo ad agosto e ancora deve cercare un attaccante e un centrocampista elemosinando prestiti o prezzi stracciati.
Ma non ci sono giustificazioni che tengano, a noi così non piace, abituati, da sempre, ad altri modi, a lavare, come si dice, i panni sporchi in casa, tra le mura protettive di Milanello. Ora quelle mura traballano e il primo a sentirne i movimenti è proprio il tecnico. Lui quello che ci metterà la faccia durante la stagione senza top player, quello chiamato all’impresa di vincere e convincere senza Thiago Silva e Ibra (prima promessi poi venduti). C’è da chiedersi chi avrebbe il diritto di alzare la voce e sbattere la porta. Sicuri che, sotto sotto, quella voce grossa non debba essere toscana?