Nel corso del derby Milan-Inter del febbraio 2009 era stato colpito da un pugno sferrato da un ultrà rossonero e aveva perso un occhio. Virgilio Motta, tifoso interista, si è impiccato nella sua casa lunedì scorso. Lo ha riferito il suo legale, l’avvocato Consuelo Bosisio. “Le sue condizioni psicologiche sono peggiorate perché gli imputati condannati per quegli scontri non gli hanno versato i 140 mila euro che gli dovevano come risarcimento e con i quali lui voleva andare all’estero per provare a curarsi“.
Il 17 luglio del 2009, a seguito dei tafferugli avvenuti nel corso del derby del 15 febbraio di tre anni fa, il giudice delle direttissime di Milano, Alberto Nosenzo, aveva condannato a pene comprese tra sei mesi di reclusione e quattro anni e mezzo di carcere sei ultrà milanisti accusati, a vario titolo, di rissa aggravata e lesioni. Alla pena più alta era stato condannato Luca Lucci, uno dei capi della curva sud che, secondo l’accusa, aveva sferrato il pugno contro Virgilio Motta che aveva poi perso la funzionalità dell’occhio sinistro, mai recuperata nonostante molti interventi chirurgici.
Quella sera, stando a quanto ricostruito dalle indagini del pm Giovanni Polizzi, alcuni supporter rossoneri erano scesi dal secondo anello al primo per vendicare quello che gli appariva come uno ‘sgarro’: un loro striscione tirato giù e strappato da alcuni tifosi nerazzurri. A Motta – che, come ha chiarito l’avvocato Bosisio, era allo stadio con altri amici “della ‘Banda Bagaj (‘bambini’ in dialetto milanese, ndr)’, nata per portare i piccoli a vedere le partite” – era stata riconosciuta una provvisionale di 140 mila euro a carico dei condannati da versare in solido. E la sentenza era stata, in sostanza, confermata anche in appello, salvo lievi diminuzioni per alcuni imputati. Il legale, che rappresentava Motta come parte civile nel processo, ha raccontato che “i condannati non hanno mai versato i 140 mila euro che gli dovevano perché pare che risultino nullatenenti e quindi l’anno scorso Motta ha dovuto accettare di firmare un accordo per avere piccoli versamenti a rate nell’arco di oltre 5 anni“.
Il desiderio del tifoso nerazzuro, padre di una bambina, però, ha proseguito l’avvocato, “era quello di avere quei 140 mila euro per provare ad andare all’estero, la considerva l’ultima ‘carta’ possibile da ‘giocare’ per cercare di riavere in parte l’occhio perduto“. Lasciando l’aula del processo di primo grado, dopo le condanne, l’uomo, con una benda all’occhio, aveva detto ai cronisti: “Quel pugno mi ha cambiato la vita e moralmente non sto bene”. Poco prima la moglie di Lucci gli aveva gridato contro: “I 140 mila euro te li devi spendere tutti in medicinali, maledetto infame“. I funerali si svolgeranno domani pomeriggio alle 15 nella chiesa di San Donato Milanese.