Fateci capire: City-Ibra, Pato-Leo e ciao Boa. Però “saremo competitivi”. Cosa ci stiamo perdendo?

Il Milan non è un supermarket, nè tanto meno dovrebbe essere un trampolino di lancio per qualcosa di meglio, ma il culmine, l’apice della carriera di un calciatore, essendo tra le squadre più blasonate e vincenti del mondo. Eppure, si rincorrono voci insistenti su partenze eccellenti, di offerte faraoniche, di assalti che si ripeteranno per tutta l’estate ai big rossoneri.

I giornali, oggi, urlano in prima pagina i 25 milioni di euro che il Manchester City sarebbe pronto a spendere per assicurarsi Ibrahimovic. Ieri, Leonardo, dirigente del Psg, ha fatto sapere che la volontà di portare Pato in Francia è tutt’altro che svanita. E, per finire, c’è sempre il Real Madrid che insiste per Boateng.

Uno scenario decisamente demotivante per i tifosi del Milan, non soltanto se le tre trattative si concretizzassero, ma anche per la delusione e la preoccupazione che si destano ogni qualvolta viene accostato il nome di uno di questi campioni a quello di una squadra che non è quella del Diavolo. Pare improbabile che i trasferimenti andranno in porto, ma non impossibile che almeno uno di essi abbia una buona riuscita. Il Milan potrebbe aver bisogno di monetizzare, e sfruttare i ricavi per allargare una rosa orfana di molti elementi.

Certo è che vivere costantemente con la sensazione di non avere il controllo sui propri giocatori non è segno di una grande squadra. Per la visibilità, il consenso e l’affetto che il Milan ha guadagnato in questi anni, c’è un prezzo da pagare: mantenere una credibilità di fronte ai giornali, ai tifosi e alle rivali.

E il primo e più importante postulato dovrebbe essere proprio la consapevolezza dei calciatori di essere nella squadra giusta, di aver scelto già il top. Una grande squadra deve tenersi stretti i suoi campioni, e non dare mai l’impressione di sentirseli scivolare dalle mani ad ogni minaccia altrui…

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