Sono passati 18 anni da quel fatidico 30 maggio 1994, quando Agostino Di Bartolomei, storico centrocampista (e anche libero) della Roma degli anni ’70, si tolse la vita nella sua abitazione sparandosi un proiettile nel petto. Un addio atroce, improvviso, spiegato da Di Bartolomei con lo “sbarramento” dello sport che amava che, secondo lui, l’aveva nascosto e abbandonato iquegli anni. Un vuoto che il pallone non è riuscito più a colmare, moltissini sono stati i ricordi e le cerimonie in sua memoria.
Fra le altre, nel 2007 Antonello Venditti, tifoso romanista e suo grande amico, gli dedicò la canzone Tradimento e perdono (“penso che uno che ha successo, abbia diritto a più amore che non una persona normale: a volte, quando finisce la tua importanza, una parola può bastare“), nel 2012, invece, la Roma diede il suo nome al campo principale del suo centro sportivo “Fulvio Bernardini”.
Giallorosso nel cuore, Di Bartolomei approdò al Milan, dal 1984 al 1987, dove disputò 88 partite. Proprio nel periodo più buio dei rossoneri, partecipò da “protagonista” all’avvento di Berlusconi che salvò la squadra dal fallimento e all’inizio della sua era, l’era del Milan. Famosa e incancellabile una sua rete nel derby, che fece scoccare la scintilla con il popolo rossonero. Nel 1987, con l’arrivo di Sacchi, fu ceduto alla Salernitana dove finì la sua carriera.
Nella Roma vinse uno scudetto e tre Coppe Italia, fu convocato anche nella Nazionale italiana Under 21 dove scese in campo sette volte. Il ricordo di Agostino, oggi, è diventato maggiorenne, il libero non è più tra noi, ma libero di essere con noi. Affetto e stima nei suoi confronti non mancheranno mai, le lacrime di chi lo piange parlano e raccontano un campione morto prematuramente, forse, per troppo amore. Troppo amore per il calcio.