Sentire i pur sparuti fischi di San Siro del pre Milan-Genoa all’annuncio del rinvio di tutti i campionati di calcio italiani è stato agghiacciante, ancora peggio è stato vedere i volti di gente come Ibrahimovic e Gilardino pensare non solo alla pazzesca fine del giovane Piermario Morosini, ma anche a quale, in futuro, potrebbe essere la loro di fine, a qual è il rischio per atleti ipercontrollati, è vero, ma anche sotto continuo sforzo e spesso costretti a stringere i denti e nascondere i propri malanni per non saltare la partita della vita. Per poi magari, invece, perdere l’appuntamento con la vita stessa. Pazzesco. Pazzesco e surreale. E l’ipocrisia scorre a fiumi.
Scorre perché ci si accorge e si parla di questi argomenti, si parla di defibrillatori e di cure mediche tempestive solo quando la noncuranza diventa fatale. Solo quando passano per ore e ore, per giorni e giorni, immagini di compagni, di amici di chi non c’è più che piangono a dirotto, che si rendono conto del rischio che corrono. Che si rendono conto che la vita vale davvero molto, molto, molto di più di ogni partita, di ogni sostituzione, di ogni errore sotto porta, di ogni errore difensivo. Ma soprattutto, tifosi, la vita vale davvero molto, molto, molto di più di ogni partita rinviata. E va tutto in secondo piano, non come è giusto che sia, bensì come è obbligatorio che sia.
This post was last modified on 14 Aprile 2012 - 22:08