Si gioca per vincere. Non per la gloria o per il dovere. E neppure per i numeri. La gara di ieri sera contro la Juve, però, ha regalato al Milan la soddisfazione di essere la prima squadra ad aver battuto, quest’anno, i bianconeri nei 90 minuti. La striscia positiva della squadra torinese, tra campionato e Coppa Italia, si protraeva dallo scorso maggio. L’ultima sconfitta dei bianconeri, infatti, risaliva al 16 maggio 2011 in Parma-Juve, penultima giornata del campionato scorso. Poi, con Antonio Conte in panchina, sempre vittorie e pareggi.
Tuttavia, l’1-2 dei minuti regolamentari, firmato Mesbah e Maxi Lopez, non è stato frutto solo della carica agonista e della necessità di ribaltare il risultato della semifinale d’andata a San Siro. Ci sono chiavi di lettura tattica e psicologica che hanno consentito al Milan di credere nell’impresa. Schierando Ibrahimovic e Seedorf insieme dall’inizio Allegri ha rinunciato subito a pungolare la Juve sul piano della velocità. Ne è scaturito un primo tempo in cui Giaccherini e Vucinic, da una parte, Lichtsteiner e Pepe, dall’altra, hanno fatto il bello e cattivo tempo, supportati da un centrocampo più dinamico del nostro.
L’ingresso di Maxi Lopez dopo l’intervallo ha fatto salire la squadra, consentendo ad Emanuelson di prendere velocità, a Muntari di inserirsi e pure agli esterni come Mesbah di proporsi in zona gol. Ma è stato soprattutto l’attaccante argentino ex Catania a proporre il gioco ideale per mettere in crisi Chiellini e Bonucci: spalle alla porta, sponde e rapidità per liberarsi al tiro. Il gol dell’1-2, oltre ad essere un capolavoro balistico, è stato emblematico. A questo si aggiunga l’ingresso di Nocerino al posto di uno spento Aquilani nel momento cruciale del match: una mossa che ha dato freschezza in mezzo al campo proprio quando Vidal e Pirlo si stavano lentamente spegnendo. Insomma, i correttivi azzeccati. Ma era meglio non dover correggere e costringere gli altri a farlo.