Al 90′ in punto eccolo lì il nostro Rino che, con tutta la concentrazione possibile, corre verso il suo posto da mediano di centrocampo. Quel posto, a lui tanto caro, che aveva dovuto lasciare causa miastenia. Una malattia, scoperta dallo staff rossonero con colpevole ritardo, arcigna da combattere e bloccare, l’avversario più duro di sempre pur per un ragazzo che di battaglie vive. E così l’applauso del “Tardini” è unanime. Perché le simpatie, i gusti calcistici e la fede in alcuni momenti passano in secondo piano. Si dice che il calcio è la cosa più importante di quelle meno importanti, per Rino rimanere lontano dalla sua passione è stato come tenere un leone in gabbia. La paura di non tornare, ad un certo punto è però passata in secondo piano: “E se fosse un tumore o qualcosa di incurabile?”. Domanda che tormentava l’uomo più che il calciatore.
In una buona famiglia, e il Milan è un’ottima famiglia, quando si presenta un problema ci si compatta. Nek canta: “Comunque ci sarò ad assorbire ogni livido, a darti forza in ogni attimo e mi sentirai vicino”. E vicino a Ringhio lo siamo stati davvero tutti. Da Galliani, l’uomo numero uno, fino ad ogni singolo tifoso, passando per i compagni, più volte ringraziati per l’affetto dallo stesso giocatore. Ci faceva male vederti al fianco della panchina, senza tuta da combattimento, con un occhio bendato e l’altro, quello di sempre, che sprigionava la solita energia. Ci faceva male vedere che ti arrabbiavi da bordo campo, ci faceva male il solo pensiero di non vedere più quella mitica numero 8.
L’anno scorso di questi tempi l’Italia calcistica era indignata per il tuo schiaffo rifilato a Joe Jordan e il mondo milanista si chiedeva se fosse giusto o meno avere un vice capitano così fumantino. Oggi le critiche si sono spente ma, non preoccuparti, il tuo palcoscenico è tornato ad essere il campo, da domani inizierà la vita di sempre (e sappiamo che è quello che vuoi). Bentornato Ringhio!
This post was last modified on 18 Marzo 2012 - 11:22