Finisce in parità la partita più attesa. Finisce, per noi milanisti, con l’amaro in bocca. Dominare per poi non riuscire a vincere, situazione già vissuta parecchie volte, problema mai risolto che Tagliavento pensa bene di enfatizzare annullando il gol della sicurezza. “E’ dentro di un metro” lo abbiamo detto tutti, meno Buffon, meno la Juve, meno il guardalinee e l’arbitro appunto. Lontani i tempi della lealtà sportiva di De Rossi che, dopo aver istintivamente segnato con la mano, ammette e si scusa. Un’altra epoca.
Squadra ostica quella di Conte ma di certo non imbattibile come i numeri si ostinano a dire. Settanta, e dico, settanta minuti con un possesso palla per nulla passivo, tanti movimenti e un bel gioco espresso. Questo è lo stile Milan, il marchio di fabbrica, il dna congenito che vedere addirittura nei vari Emanuelson e Muntari fa sperare bene per il futuro. Poi il baricentro si abbassa, causa stanchezza generale (giocano sempre gli stessi), e i bianconeri escono dal loro guscio.
Ora però, vuoi mettere una Juve al completo che si permette, nel corso della gara, di stravolgere la coppia d’attacco con un Milan che perde nuovamente Pato, rischia di dover fare a meno di Thiago Silva e ha una panchina che definire corta è pure riduttivo? Nesta e Mesbah dati titolari fino a poche ore dall’inizio della gara, si fermano e finiscono sugli spalti con i vari Ibra, Aquilani, Boateng, Cassano, Gattuso. Una squadra intera senza divisa, eppure dominare. Cosa vorrà dire? Forse, semplicemente che questo Milan, quello “sperimentale”, resta più forte di tutti e poco importa se ieri il risultato non ci ha sorriso. Questo stile, questo modo di approcciarsi alla gara andrà lontano, così lontano speriamo, da riuscire a sfatare il tabù del Barbera già sabato prossimo.