M’illumino di Pato

Provate a pensarci: abbiamo in casa un qualcosa che non può neanche venire definito, un qualcosa che quando viene azionato e messo in moto segna un gol ogni due partite, un qualcosa che quando parte in velocità neanche il miglior Usain Bolt riesce a tenergli testa. Eppure non ce ne rendiamo conto e lo critichiamo, lo bastoniamo, lo mandiamo all’inferno per poi farci ritornare il paradiso quando la mette con quella fredezza tanto presuntuosa come il “si vabbè tanto adesso si infortunia” che subito dopo uno scatto pensiamo.

Me la ricordo ancora quella sera di gennaio di 3 anni fa: lo stop a seguire per superare l’avversario e poi eccola lì, la freddezza di un Alexandre Pato diciottenne che vuole conquistare San Siro a suon di gol. E poi quel cuore formato con le mani per la fidanzata, la prima volta di un’esultanza così romantica nella Scala del Calcio che subito ci fece innamorare di lui. 5-2 al Napoli e tutti a casa con gli occhi lucidi. E poi mi ricordo ancora quel gol a Verona, nel febbraio scorso per l’1-2 finale a favore dei rossoneri proprio grazie al gol del Papero a 10′ dalla fine. E ancora un’esultanza, stavolta potente, cattiva, rabbiosa. E poi via la maglietta e fuori i muscoli, per il piacere della nuova compagna berlusconiana e tutte le fans del brasiliano.

Potrebbero parervi due esultanze lontanissime fra di loro, invece sono le radiografie di un’evoluzione fisica che questo ragazzo in tre anni ha dovuto sopportare. Sopportare perchè la palestra e gli allenamenti extra per un diciottenne non sono mica roba da poco, però Pato doveva formarsi, doveva crescere. Ed è cresciuto: il fisico scolpito, la barba incolta e i capelli scompigliati sono i sintomi di una crescita che prima di essere mentale è stata fisica. E gli infortuni di adesso, molto spesso muscolari, sono la conseguenza di quegli estenuanti allenamenti di potenziamento che il corpo di Pato deve ancora metabolizzare. E dato che nel bruciare le ali di un Papero siamo abbastanza veloci, diamogli almeno il tempo di spiccare il volo.

M’illumino di Pato, il nostro titolo, potrebbe sembrare fuori luogo per un 22enne che, come si dice in questi, “non ha ancora dimostrato di essere un campione”. Ma cosa ci vuole per essere un campione? Segnare tanto, carisma da leader, mettersi le squadra sulle spalle e portarla al successo. E siamo proprio sicuri che Pato non sia ancora pronto per questo?

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