Parole e musica che rilette ora, suonano come qualcosa di veramente profetico, ma che solo chi è al timone di una nave può pronunciare, perchè conosce gli uomini con cui lavora e sa quello che ci vuole per far navigare senza intoppi la sua creazione. Ed il Mister lo sapeva alla perfezione, che i risultati e la classifica che disegnavano un Milan in crisi, appena il 2 di ottobre, non erano consoni alla forza del suo organico e che il suo fantastico gruppo, amalgamato dal suo ingegno nella passata stagione, aveva solo bisogno di tempo per tornare ad essere la fantastica corazzata apprezzata nella passata stagione. D’altronde chi conosce il tecnico livornese, sa bene che i suoi inizi e i suoi mesi di settembre in particolare, non sono mai stati esemplari.
Cinque vittorie erano state da lui auspicate e cinque vittorie sono arrivate. Ma, oltre alle vittorie che sono la cosa più importante, la squadra è cresciuta tantissimo a livello di gioco, nella velocità della manovra, in aggressività, in cinismo, in cattiveria agonistica ed è tornata a mostrare quei muscoli che l’anno scorso, da novembre in poi, l’hanno portata a dominare il campionato. Molto più concreta sotto porta, con la valanga di gol messi a segno in questo scorcio di stagione, ancora deve migliorare nella fase difensiva ed è forse quello, l’aspetto che Allegri dovrà curare in maniera particolare durante la seconda sosta stagionale.
Quelli che sono i suoi meriti in questo grande recupero della sua squadra ed in questo fantastico filotto di successi consecutivi, appaiono chiari e semplici. Domenica contro il Catania per esempio, ha capito che Lanzafame non essendo un terzino puro avrebbe potuto soffrire la velocità e l’imprevedibilità di Robinho ed ha piazzato il brasiliano molto largo sulla sinistra, mossa questa che ha spaccato completamente la partita in due. A Lecce si è saputo correggere in corsa, ammettendo di aver sbagliato formazione, o meglio centrocampo, nel primo tempo e quindi cambiando in corsa con gli inserimenti di Boateng ed Aquilani che hanno capovolto le sorti del match. Poi l’insistenza nella fiducia ad Aquilani e Nocerino, che da fallimenti di un calcio mercato troppo presto criticato e bocciato, sono diventate pedine importantissime nello scacchiere tattico rossonero. Meriti indelebili ad Allegri si debbono riconoscere anche nella definitiva consacrazione di Abate e soprattutto, nei suoi evidenti miglioramenti in fase difensiva. La fiducia in Cassano, il coraggio nel mettere in panchina gente come Van Bommel o Seedorf.
Ma, forse il merito più grande che si può riconoscere ora all’ex tecnico di Cagliari e Sassuolo è l’essere riuscito a fare a meno di un certo Andrea Pirlo. Negli ultimi dieci anni non si ricorda un Milan vincente senza il genio di Brescia in campo. Lui era il giocatore insostituibile nel Milan di Ancelotti, quello che dettava i ritmi, quello che risolveva le partite con la sua grande classe, quello di cui non si poteva assolutamente fare a meno. Da lì a dibattere sempre sulla difficoltà di trovare un vice-Pirlo, sul fatto che la squadra senza di lui non era la stessa e faceva troppa fatica. Questa convinzione dall’anno scorso non esiste più e se Galliani ha deciso in un certo modo di fare a meno del suo numero 21, Allegri è il primo artefice di questo radicale cambiamento. Abile nel creare un Milan vincente e, spesso anche convincente, senza Pirlo, prima grazie alla mossa dei tre mediani per dare nervo e sostanza in mezzo al campo, poi con l’intelligenza tattica di Van Bommel, le geometrie da mezzala di Seedorf e la fantastica intuizione di Boateng trequartista rivelatasi poi devastante. Ora Aquilani da mezzala per dare qualità e lo straordinario Ibra dell’ultimo mese, vero e proprio regista di questo gruppo. Con queste mosse Max è riuscito in quello che fino a poco tempo fa sembrava impossibile: vincere e riuscire a non rimpiangere il grandissimo ex metronomo rossonero.
This post was last modified on 8 Novembre 2011 - 13:59