La giornata inizia nel peggiore dei modi: l’Italia è scossa dal dramma Simoncelli, il giovane pilota della Moto Gp infatti in mattinata ha perso la vita in seguito a un terribile incidente avvenuto proprio mentre correva con la sua Honda. Il Milan mette il lutto al braccio e scende fisicamente in campo. Solo fisicamente appunto, perché per i primi 45 minuti di gara quelli in campo non sembrano i campioni d’italia.
Confusi e senza idee, disorientati da un Lecce arrembante come non mai, i rossoneri incassano tre gol e non sembrano in grado di arginare gli attacchi salentini. Forse il centrocampo non è in grado reggere la presenza di Robinho, Cassano e Ibra. Forse l’assenza di Thiago Silva si fa sentire. Forse nelle gambe c’è ancora la partita di Champions contro il Bate.
I peggiori in campo però sono Ambrosini e Abbiati. Uno mercoledì non era stato nemmeno convocato, l’altro di ruolo fa il portiere. Non a caso Abbiati e Ambrosini, due che amici di Simoncelli lo erano per davvero. A volte tendiamo a dimenticarcelo ma anche i plurimiliardari hanno un cuore e dei sentimenti. Tornando al campo, nella seconda frazione di gara Allegri cambia: fuori il capitano e Binho, dentro Boa e Aquilani. La partita torna a senso unico, ma questa volta a favore dei rossoneri. Tre squilli del ghanese poi è Yepes a regalare la vittoria alla squadra.
In quella che per tutto il mondo dello sport è stata una giornata particolare il Milan ha lasciato il segno con una vittoria al cardiopalma. Tutti noi oggi, come sempre, abbiamo pensato a chi avrebbe dovuto giocare al posto di chi, ci siamo disperati per i gol subiti, abbiamo esultato e gioito. Può sembrare superficiale ma non lo è, perché questa volta la speranza di vittoria non era tanto per evitare gli sfottò degli amici o la perdita di terreno nei confronti delle prime della classe. In modo del tutto sincero speravamo in questi tre punti per poter guardare verso il cielo e immaginare di vedere il sorriso di Simoncelli, milanista da sempre. Questa è dedicata a te. Scusaci, ma era il massimo che potevamo fare.