Prima del palmarès ricordiamolo in campo: corridore instancabile, spirito di sacrificio elevato al cubo, forza di contenimento, mente orientata alla costruzione del gioco. Inoltre è rigorista e specialista di punizioni. Ha vinto tutto e giocato coi migliori di un’epoca, da Van Basten a Rijkaard, da Baresi a Maldini. Con Donadoni e Desailly creava un reparto che era inattaccabile per gli avversari e che era in grado di fornire moltissimi palloni nobili ai re dell’attacco.
Lo ricordiamo nella finale di Atene 1994, 4-0 al Barcellona. Lo ricordiamo nella doppietta all’Inter del novembre 1998 (2-2). Lo ricordiamo come alfiere dello scudetto di quel campionato, in rimonta sulla Lazio, quando all’ultima giornata a Perugia tutti volevano la sua maglia, ma lui se la teneva stretta al petto, per poterla portare ad un bambino in ospedale. Infine lo ricordiamo segnare due super gol al Barcellona al quarto turno del girone della Champions 2000-2001. Un missile da 40 metri e una punizione da manuale del fuoriclasse.
La storia col Milan finì nel 2002. Emigrò in Spagna, all’Atletico Madrid. Poi Lazio, Atalanta e Barcellona. L’addio al calcio in una partita celebrativa tra rossoneri e blaugrana del 15 marzo 2006.
Oggi Albertini è vicepresidente della Federcalcio, carica che ricopre dal 2007.
Difficile trovare un numero 4 così vincente: 5 scudetti, 4 supercoppe, 3 Champions, 1 Coppa Intercontinentale e 3 supercoppe europee. Poi con la Lazio ha vinto la Coppa Italia 2004 e col Barca 1 Liga e una Supercoppa di Spagna.
Albertini è stato anche insignito nel dicembre del 2006 dell’onorificenza di Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana, per iniziativa del presidente Giorgio Napolitano.
This post was last modified on 17 Ottobre 2011 - 14:16