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Manuel Rui Costa, il calcio diventa(va) arte

Quando si muoveva in campo sembrava accompagnato da un sottofondo musicale, di quelli lenti ma deliziosi da ascoltare per orecchia e palati fini. Aveva il 10 sulle spalle, ma sapeva fare tutto. Al gol preferiva l’assist, il tocco smarcante per il compagno. Uno dei calciatori più eleganti che abbiano mai calpestato l’erba di San Siro. In campo, invece che correre sembrava danzasse. I suoi tocchi magici erano miele per i compagni, che molto spesso, non dovevano far altro che ringraziare e spingere il pallone in rete. Dai portoghesi era soprannominato “O Maestro”. Esempio di professionalità, sia in campo che fuori, le sue squadre sono state Benfica, Fiorentina e Milan.

Parliamo ovviamente di Manuel Rui Costa, senza ombra di dubbio uno dei migliori trequartisti di sempre. Uno dei più classici numeri dieci.

Nel 1991 conquista il Mondiale Under 20 con la nazionale portoghese. Nel 1994 viene ingaggiato dalla Fiorentina, diventando subito un idolo per i tifosi viola, grazie anche alle vittorie della Coppa Italia nel 1996 e 2001 e della Supercoppa di Lega nel 1996.

Nel 2001 si trasferisce a Milano, sponda rossonera, per una cifra vicina agli 80 miliardi di lire diventando il calciatore più costoso della storia del club di Via Turati. Con il Milan gioca per cinque stagioni, segnando pochi gol, ma collezionando un numero straordinario di assist. In maglia rossonera ha vinto la Champions League, la Coppa Italia, la Supercoppa Europea nel 2003, lo Scudetto e la Supercoppa di Lega nel 2004. Il 25 maggio 2006 lascia il Milan per tornare al Benfica, ma rimarrà per sempre uno dei calciatori più amati dai tifosi rossoneri, che ancora oggi lo acclamano come uno dei migliori di sempre.

Gabriel Omar Batistuta, Andriy Shevchenko, Filippo Inzaghi. Tutti grandissimi attaccanti, che hanno fatto la storia di questo sport e segnato gol a ripetizione, ma la loro carriera non sarebbe stata la stessa se non avessero avuto la fortuna di giocare assieme ad un campione come Rui. Lui sapeva servire dei palloni ad occhi chiusi, perchè conosceva e intuiva prima dei difensori avversari il movimento del suo attaccante di turno. Velocità di pensiero ed intelligenza tattica, oltre al genio e ai piedi sopraffini. L’albero di natale con cui Carletto Ancelotti ha aperto il primo grande ciclo del suo Milan, prevedeva Manuel vertice basso di un attacco che segnava ed incantava con una regolarità impressionante e il Maestro di Lisbona ne era l’interprete più elegante, più limpido, più imprevedibile.

Ora fa il dirigente del suo primo grande amore: il Benfica. Ogni sua immagine, ogni suo passaggio, ogni sua giocata sarà ricordata per sempre da ogni tifoso rossonero, al quale sembrerà di sentir suonare i violini rivedendo le sue gesta. Grazie di cuore Manuel!

This post was last modified on 11 Ottobre 2011 - 19:28

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redazione